“Potenzialmente”. Un avverbio che può voler dire tutto e il suo contrario. Una minuta speranza che invita a non farsi troppe illusioni. Monti, nella sua approssimazione non poteva essere più chiaro. Ci sono 8 miliardi di euro, pari a 29% dei fondi strutturali Ue 2007-2013 che ancora non stati usati. Si potrebbero usare per combattere la disoccupazione giovanile che, in Italia, è ormai al 35,9%. La proposta è del premier. E’ un idea. Ma anche no. Le sue parole, infatti, sono state: «Più di 8 miliardi sono potenzialmente destinabili alla lotta alla disoccupazione giovanile». Non è un caso che, in seguito, abbia ribadito: «Non vendo promesse». Meglio prepararsi al peggio e mettere le mani avanti. Sta di fatto che quei soldi potrebbero aiutare 128mila giovani italiani a crearsi un futuro. Antonio De Napoli, portavoce del Forum nazionale dei giovani, di fronte al quale il premier ha parlato di quegli otto miliardi, spiega a ilSussidiario.net come. «C’è da dire che Monti, più volte – lo ha fatto anche nell’incontro con il Forum – ha invitato i giovani a rischiare. I giovani, dal canto loro, sono disponibilissimo a farlo. Ad esempio, mettendo in piedi delle start up. Tuttavia, la maggiore parte di loro non dispone degli strumenti per farlo. Uno dei principali problemi, infatti, è la pressoché assoluta impossibilità di accedere al credito». Quindi: «Troviamo positivo il fatto che il governo abbia rimosso svariati vincoli per poter aprire un srl semplificata. Resta il fatto che, laddove un giovane voglia aprire una nuova attività, deve pur sempre poter ottenere un finanziamento. Quelle risorse potrebbero essere impiegate, anzitutto, in tal senso». Al di là delle start up, il problema dell’accesso al credito riguarda quasi tutti i giovani e, per lo più, è reso complicato dalle condizioni lavorative in cui moltissimi versano. Senza un contratto a tempo indeterminato, ad esempio, nessuna banca concederà mai un prestito.
«Sarebbe opportuno, quindi, utilizzare parte di quelle risorse per abbassare il costo del lavoro per quelle aziende che stabilizzano i giovani». E ancora: «Per le giovani coppie che faticano a ragionare secondo la prospettiva di un legame stabile, perché temono che non saranno mai in grado di acquistare un’abitazione, sono possibili due operazioni: attraverso una convenzione con gli istituti di credito, si può istituire un fondo che funga da garanzia per la solvenza del mutuo; oppure, creare un fondo che permetta l’erogazione di mutui agevolati». Un’altra destinazione d’uso fondamentale potrebbe riguardare il sostegno alla rioccupazione. «Da tempo si dice che, accanto all’occupazione, va incentivata l’occupabilità. Ovvero, la possibilità, per un lavoratore, di essere continuamente appetibile e spendibile sul mercato, nell’eventualità che perda il lavoro. Per far questo occorre garantirgli una formazione permanente. Sia nel corso del suo rapporto di lavoro che dopo. Iniziando a concepire gli ammortizzatori sociali non più come semplice erogazione di risorse necessarie al disoccupato per sopravvivere in attesa di un altro impiego, ma anche come erogazione di servizi quali corsi di formazione per poter acquistare nuove professionalità da spendere sul mercato». I segnali, per il momento, almeno non sono negativi. «Quel che è certo è che sussiste, con il governo, un rapporto interlocutorio».
Ma i tempi stringono. «Il dato demografico si commenta da sé. Se in Italia non ci fossero i cosiddetti “italiani di seconda generazione”, il saldo delle nascite sarebbe negativo. Ci sono Paesi come la Francia che hanno introdotto da anni misure come il quoziente familiare perché, nonostante, tradizionalmente non considerino la famiglia un valore fondante, hanno capito che, quantomeno, è un fattore di sviluppo economico. Insomma, se le giovani coppie non potranno istituire legami stabili e mettere la mondo dei figli, l’Italia è destinata ad un inesorabile declino. Il governo, con quegli otto miliardi, potrebbe fare molto. E dovrà farlo in fretta».
(P.N.)