L’idea, di per sé, non sempre di così complicata attuazione. La moratoria proposta sul blog Nuvola del lavoro da Gregorio De Felice, capo economista di Intesa San Paolo, prevede che le aziende possano godere di un azzeramento del cuneo fiscale contributivo per ogni nuovo assunto. Il provvedimento dovrebbe valere due anni, cinque per le start up a elevato contenuto tecnologico. Secondo i calcoli effettuati, sommando la perdita contributiva al maggior gettito proveniente dai nuovi assunti soggetti all’Irpef, la manovra costerebbe mezzo milione di euro per 100mila nuovi assunti. Se l’idea dovesse funzionare, ci sarebbero 250mila nuovi assunti per un totale di 1,2 miliardi di euro. IlSussidiario.net ha chiesto a Luca Solari, docente di organizzazione aziendale all’Università degli Studi di Milano, come valutare la proposta. «Direi che va in una direzione auspicabile – afferma -. Non si può, infatti, intervenire sul mercato del lavoro senza intervenire contestualmente anche con alcune forme di sostegno allo sviluppo di quelle nuove imprese operanti in settore la cui produttività, nei prossimi anni, prevedibilmente crescerà».
Secondo il professore, l’ipotesi avanzata va letta in un disegno organico. «L’aggiunta di provvedimenti di questo tipo è necessaria per mettere in relazione l’intervento sul lavoro con lo sviluppo economico. Del resto, la riforma del mercato occupazionale, di per se stessa, non sarebbe sufficiente a produrre effetti concreti». Tanto più che «le imprese, specialmente quelle nuove, sono decisamente più gravate dal costo del lavoro che dai problemi legati alla flessibilità cui la riforma intende porre rimedio». Come sempre, ci si chiede come finanziare il provvedimento. «Attualmente, lo Stato non può certo aumentare la spesa. Ma può riqualificarla. Si dovrebbe sfruttare l’eccezionale situazione per una revisione profonda dei suoi meccanismi. Questi mesi, infatti, hanno dimostrato (al di là del fatto che i governi sono sempre politici perché necessitano di maggioranze parlamentari) che la complessità della struttura della spesa e dell’organizzazione della nostra pubblica amministrazione sono assolutamente ingovernabili».
Quindi? «E’ necessaria un’operazione radicale di riforma dell’articolazione delle pubbliche amministrazioni, centrali e periferiche. Il che è possibile unicamente attraverso un’attività draconiana di riduzione dei costi. Successivamente, non tutto il risparmio deve essere necessariamente incamerato per il miglioramento della spesa corrente. Parte va reinvestito secondo una logica di investimenti». Da qui, il finanziamento dell’abbattimento del cuneo fiscale. Che qualcuno potrebbe ritenere impraticabile.
«A poco varrebbe ostinarsi ad affermare che strade di questo tipo non sono percorribili perché nel meccanismo amministrativo italiano non è possibile vincolare le riduzioni di spesa a determinate aree di intervento. Semplicemente perché, se ci fosse la volontà, sarebbe sufficiente non esplicitare – scrivendolo in una legge – la destinazione d’uso della riduzione». In sostanza, «se ilgoverno stabilisse che la riduzione della spesa dovesse andare a favore della riduzione del cuneo fiscale sulla nuova occupazione, come governo può farlo. Indipendentemente dal fatto che non possa scrivere una legge in cui si impegna a farlo».
(Paolo Nessi)