La resa dei conti o l’ennesima occasione per rinviare all’infinto il momento in cui i nodi saranno sciolti: l’incontro di oggi tra governo e sindacati dovrebbe assumere i connotati della prima ipotesi; ma, visti i precedenti, la linea sottile tra cautela e pessimismo è tale da non escludere la seconda. Intanto, gli esodati, ma anche i mobilitati, i cassintegrati in procinto di esserlo e i lavoratori inseriti in fondi di solidarietà sono sempre lì, e aspettano, da mesi, una risposta. Per 60mila di questi (quelli che già si trovano o si troveranno a breve senza stipendio e senza assegno previdenziale, a causa dell’aumento dell’età pensionabile) varranno le regole precedenti alla nuova disciplina. Ma gli altri? E, soprattutto, quanti sono gli altri? Per il governo sono 120mila, per i sindacati molti di più. Oggi, intanto, si discuterà del decreto attuativo che stabilirà le modalità con le quali la copertura prevista nel decreto “Salva-Italia” sarà applicata per salvaguardare i primi 60mila. Attilio Rimoldi, Segretario nazionale della Federazione nazionale pensionati, il sindacato dei pensionati e degli anziani della Cisl, ci parla delle priorità che saranno discusse nella riunione.
Cosa chiederete nell’incontro di oggi?
Tanto per cominciare, siamo convinti che, in questa fase, non sia giusto stabilire a priori il numero degli esodati. Tanto più che è ormai emersa con chiarezza l’incapacità delle istituzioni in gioco di fornirli con precisione. L’operazione, infatti, sortirebbe l’effetto perverso di lasciare fuori tutti quelli che, una volta esaurito il numero di salvaguardati previsti, non dovessero rientrare nel computo.
Quindi?
Anzitutto, occorre affermare, in linea di principio, che le deroghe riguarderanno tutti coloro che hanno sottoscritto degli accordi, individuali o collettivi, in qualche modo certificabili, di uscita dall’azienda in cambio della promessa di accedere al trattamento pensionistico entro pochi anni.
A un certo punto, però, si dovrà pur stabilire un numero.
Sì, ma a posteriori. Dopo che il decreto avrà certificato che tutte le persone che hanno sottoscritto i suddetti accordi hanno il diritto alle deroghe.
Quanti stimate, in ogni caso, che siano?
Complessivamente, considerando anche gli anni a venire, siamo vicini ai 300mila.
Secondo il governo, quelli per i quali occorrono salvaguardie nell’immediato sono 60mila. Condividete, invece, queste cifre?
No. Riteniamo che, se consideriamo il fatto che molti inizieranno a trovarsi senza pensione e senza lavoro a distanza di poche settimane o pochi mesi rispetto alle scadenze calcolate dal governo, nei prossimi 12 mesi potrebbero essere anche intorno ai 100mila.
Com’è possibile che dopo tanti mesi ancora non si sappia con precisione quante siano le persone coinvolte?
Ce lo chiediamo tutti. L’impressione è che all’inefficienza delle istituzioni si sommi la volontà di nascondere il numero reale per il timore di dover ammettere che mancano i soldi per la copertura necessaria. Troviamo ancora più sconcertante che, al di là delle cifre, non si sia individuata ancora una risposta per gli esodati dei prossimi anni. Lo Stato deve garantire pure a loro il rispetto dei propri diritti.
Si tratta, quindi, di una banale questione di soldi?
È probabile. Ma i diritti individuali non possono essere vincolati alle disponibilità economiche; casomai è il contrario. Le risorse economiche vanno ricercate e recuperate in base alle esigenze dei cittadini. E, in ogni caso, ci sono.
Dove?
All’interno dello stesso sistema previdenziale. La riforma, infatti, ha consentito di accantonare ingenti risparmi. Sono previsti, già per il 2013, sei miliardi di spesa in meno.
Cosa vi aspettate dal governo?
Ci auguriamo un atteggiamento di maggiore responsabilità. Far quadrare i conti è importante. Lo è altrettanto rispondere ai bisogni delle persone. Quanto sta accadendo in Italia, e in Europa, sul fronte dell’antipolitica e il successo di certi partiti dovrebbe far riflettere.
Cosa prevedete, nella peggiore delle ipotesi?
Se al problema degli esodati non si troverà soluzione, l’eventualità potrebbe contribuire sensibilmente a minare la coesione sociale. Accanto alle iniquità e alle criticità determinate dalla riforma delle pensioni ce ne sono molte altre, come l’elevata disoccupazione, l’aggravio fiscale su più fronti e il caro vita. Non è escluso che il malcontento, la rabbia e l’insoddisfazione possano sfociare in sviluppi analoghi a quelli greci.
(Paolo Nessi)