Gli esodati che avrebbero diritto al trattamento previsto dalle leggi precedenti la riforma Fornero sono in tutto 390.200, e non 65.400 come calcolato in un primo momento. E’ quanto emerge da una nuova relazione dell’Inps al governo. Come sottolinea a ilsussidiario.net Carla Cantone, segretario generale di Spi Cgil, «la cifra aggiornata sugli esodati rivela che la riforma delle pensioni è nata più da un calcolo politico, che da una fotografia del Paese reale basata su numeri esatti come pure ci si sarebbe potuti aspettare da un governo tecnico. A questo punto non è più possibile nessuna correzione in corsa, Monti deve ritornare sui suoi passi azzerando la riforma Fornero».



Cantone, le proporzioni del problema degli esodati sarebbero quintuplicate.

Quando uscì la cifra dei 65mila lavoratori, la Cgil dichiarò immediatamente che l’Inps non aveva fatto bene i conti e che secondo noi erano oltre 350mila. Dopo una verifica più attenta, l’Inps ha dovuto ammettere che noi avevamo ragione e che il ministro del Welfare, Elsa Fornero, aveva sbagliato. Tuttavia la cifra iniziale fornita dall’Inps ha fatto sì che la Fornero si convincesse che bastava risolvere il problema per una parte molto limitata rispetto al reale numero degli esodati. Purtroppo i dati sono ben diversi e quindi il governo deve riaprire la questione per trovare una soluzione per tutti.



La Fornero riuscirà a trovare una soluzione per un numero così elevato di persone?

Il governo può fare una sola cosa: ritornare sui suoi passi per quanto riguarda la riforma delle pensioni, rispetto a cui ha preteso di fare tutto da solo. Il ministro Fornero del resto non si è mai confrontato con la Cgil, che non ha mai gradito la soluzione individuata né per gli esodati, né per chi si trovava in condizioni simili. Ora il governo dovrà rivedere l’intera riforma, non c’è alternativa. Se non lo fa, finirà come noi abbiamo sempre denunciato: 500mila persone si troveranno nella situazione di non avere né un lavoro, né una pensione. La cifra reale è infatti molto più elevata di quella denunciata nella stessa relazione aggiornata dell’Inps. Occorre infatti tenere conto anche di tutti gli accordi stipulati individualmente e che purtroppo l’Inps non conosce.



Il governo dei professori andrebbe bocciato in matematica?

Un governo tecnico dovrebbe conoscere alla perfezione i numeri e le condizioni delle persone. Evidentemente invece non sa fare bene i conti. O meglio, il suo calcolo era di natura esclusivamente politica, e questo non è stato sufficiente per risolvere i problemi.

 

In che senso parla di calcolo politico?

 

Invece di entrare nel merito delle questioni e di verificare la situazione settore per settore, il governo Monti si è limitato alla superficie “politica” del problema. Se l’approccio fosse stato più tecnico e meno politico, facendo bene i conti e fotografando la situazione del Paese reale, non sarebbe successo quello che è successo.

 

E’ possibile correggere in corsa la riforma Fornero?

 

No, è necessario tornare indietro rispetto a quanto è stato deciso sull’età pensionabile e ripristinare la condizione che ognuno aveva maturato nel momento in cui lasciava il posto di lavoro. Gli esodati sono coloro che attraverso accordi o in seguito alla chiusura delle fabbriche, hanno lasciato il posto di lavoro in cambio della certezza che nell’arco di un periodo di due anni sarebbero andati in pensione.

 

E quindi?

 

La riforma afferma che indipendentemente da quanto è avvenuto nella propria azienda, per le persone nate nel ’52 o nel ‘53 non sarà possibile avere la pensione prima di sei o sette anni. Ma per 500mila di queste persone il loro posto di lavoro non esiste più. Questo dimostra che a essere sbagliato è l’impianto stesso della riforma, che quindi non può più essere corretta. Bisogna tornare indietro rispetto a questa decisione e rispettare gli accordi che a suo tempo erano stati fatti.

 

Ma la Cgil sostiene solo una pars destruens, o avete anche proposte costruttive per una riforma delle pensioni?

 

Nel nostro Paese ultimamente è stata approvata una riforma delle pensioni ogni due anni. Bisognerebbe fermarsi un attimo, per consentire alle persone di disegnare il proprio percorso di vita senza che ogni volta una nuova legge rimetta tutto in discussione. Io sono ferma alla riforma del ’95, poi ci sono stati degli aggiustamenti quattro anni dopo e ci si poteva fermare lì. C’è una sola cosa da fare per intervenire sulle pensioni: garantire ai giovani dei coefficienti rispetto ai quali quando si ritireranno dal lavoro avranno un reddito almeno pari al 60% del proprio stipendio.

 

(Pietro Vernizzi)