Sta scaricando il barile o è convinta di quello che dice? «Se fossimo in un settore privato, questo sarebbe un motivo per riconsiderare i vertici» ha dichiarato il ministro Fornero, riferendosi ad Antonio Mastrapasqua e Mauro Nori, presidente e direttore generale dell’Inps. “Colpevoli”, secondo il ministro, di aver improvvidamente consegnato all’Ansa una relazione in cui si stima che gli esodati siano 390.200. Peccato che la titolare del Welfare avesse firmato un decreto che ne “salva”, fin da subito, solo 65mila, riservandosi di individuare le modalità per tutelare i rimanenti (che, stando ai suoi calcoli, non potranno essere più di 130mila) in futuro; e che quel decreto fosse successivo alla produzione del documento dell’Inps. Ora, i casi sono due: se hanno sbagliato Mastrapasqua e Nori, ha ragione la Fornero. Se ha sbagliato lei, le conseguenze si traggono da sole. Ilsussidiario.net ha chiesto a Maurizio Castro, senatore del Pdl e membro della commissione Lavoro, un commento sulla vicenda. «Non è per nulla edificante – dice -. Su una materia talmente delicata si sarebbero dovuto fornire dati consolidati sui quali costruire successive scelte politiche. E, benché i numeri siano realistici, consolidati non lo sono». Quindi, «è auspicabile, e al più presto, una riforma della governance degli enti previdenziali. E’ impensabile che un istituto elefantiaco come l’Inps, che ha di recente incorporato l’Inpdap e l’Enpals, possa continuare a esser gestito monocraticamente, secondo una concentrazione di potere nelle mani del presidente-commissario e un modello di gestione che sembra fatto apposta per determinare un rapporto conflittuale con il direttore generale». E la Fornero? «Finora – spiega Castro – le pressioni internazionali rispetto al nostro debito pubblico e alla sua sostenibilità sono altissime. Il governo, in questo momento, ne è il garante internazionale e tutto ciò che possa provocarne la caduta risulterebbe esiziale per l’intero Paese». Nel merito, la questione è stata tutt’altro che esente da errori evidenti. «Fin dall’inizio, è stata impostata in maniera metodologicamente scorretta. Si sarebbe dovuto, anzitutto, definire il concetto di “esodato”. Per intenderci: non c’è dubbio che sia tale chi ha siglato un accordo sindacale di riorganizzazione, ristrutturazione o crisi, magari con il ministero, oltre che con le parti sociali, e che preveda Cig straordinaria, mobilità e incentivi alla pensione; e coloro che hanno aderito, invece, all’interno di aziende investite da processi di ristrutturazione o crisi, ad accordi individuali per accedere a forme incentivate di pensionamento, lo sono? Io dico di sì, ma si tratta di una categoria diversa rispetto alla precedente, nei confronti della quale urge una scelta politica».



Volendo,le categorie, non sono finite: «Ci sono, poi,  dirigenti d’azienda che si sono liberamente dimessi da aziende non in difficoltà scommettendo che si sarebbe mantenuto il regime d’accesso previdenziale vigente. Questi, secondo me, non sono esodati». Il problema è chiaro: «Siccome, sulla vicenda, siamo arrivati a un punto di crisi, ne approfitterei per mettere rapidamente nell’agenda del Parlamento una riflessione sul regime di transizione da attuare in ordine all’applicazione del regime pensionistico. Approfittiamone per evitare di mantenere spacchettati i vari periodi. Facciamo una lucida, seria e trasparente scelta politica, e facciamola molto in fretta. Se iniziamo subito, a settembre potremo avere una regolazione razionale ed equa per tutti i casi». 



Sempre che il tempo sia sufficiente per individuare l’approvvigionamento di risorse proiettato nel tempo. Secondo molti, è sufficiente decurtare parte del risparmio garantito dalla riforma, pari a circa 20 miliardi l’anno a pieno regime. «Effettivamente – replica il senatore –  la riforma produce un risparmio significativo. Esso, tuttavia, è già stato incorporato nelle valutazioni sull’affidabilità del nostro sistema finanziario. Penso, quindi, a forme di reperimento delle risorse più sofisticate, quali meccanismi di contribuzione, anche volontaria, che possano essere incorporate nel trattamento previdenziale».



 

(Paolo Nessi)