La parabola di Elsa Fornero si sta compiendo ogni giorno di più verso l’insuccesso, inesorabilmente, per il progressivo scollamento tra il personaggio più pittoresco della compagine del governo Monti e il vasto consenso – o almeno la simpatica curiosità – che era stato suscitato, all’inizio dell’esperienza governativa, dalla sua colorita personalità.



L’assertiva ministro del Lavoro del governo Monti ha dimostrato, con la vicenda degli esodati, l’abisso che può dividere un eccellente teorico da un bravo tecnico, e ancor più da un bravo tecnico con sensibilità politica. Lei si è rivelata un mero teorico, e cosa tanto più grave e imprevedibile è stata che questa defaillance l’ha rivelata proprio nell’unico settore di cui aveva e ha un’indiscussa competenza, maturata negli anni di assistentato al “guru” della previdenza italiana Onorato Castellino.



Che, insomma, la Fornero fosse del tutto digiuna di problemi del mondo del lavoro, e che quindi fosse – a dispetto della sua attitudine secchiona di studiosa a oltranza – inadatta a concentualizzare una riforma praticabile efficace, era prevedibile: l’aveva, per esempio, pronosticato un “duro” del sindacato come l’attuale europarlamentare Sergio Cofferati, e i fatti gli hanno dato ragione. La riforma è stata capace di scontentare tutti: i sindacati con l’inutile e parziale indebolimento dell’articolo 18 e le imprese con le barriere erette contro la flessibilità in entrata. Ed è ancora ferma in Parlamento. Ma che sbagliasse anche sulla previdenza, era imprevedibile. Come imprevedibile era che insistesse nello sbagliare la comunicazione, a dispetto dei valorosi sforzi del suo portavoce.

Ieri alla Camera si è avuta una chiassosa e già troppo violenta apoteosi, con la protesta dei precari e degli studenti di “Occupy Fornero”, sfociata in scontri, con un agente ferito. Ma il problema degli esodati è stato ben altro. La Fornero “non poteva non sapere” che allungando l’età pensionabile con la sua riforma avrebbe tagliato le gambe a centinaia di migliaia di esodati. E non è possibile che non abbia avuto dei dati al riguardo.

Limitarsi a dare una cifra largamente inferiore al vero – 65mila – e comunque a gestirla in netto ritardo sulla riforma stessa e dietro sollecitazione degli eventi esterni è stato il primo errore. Già molto grave e reiterato, in quanto a tutt’oggi una risposta legislativa al problema non è stata ancora fornita, al di là di generiche ancorché reiterate rassicurazioni. Insistere poi nel sottovalutare il problema numerico, fino a farsi cogliere in contropiede dai dati Inps, è stato enorme. E non a caso, contro di lei – che ha attaccato il vertice dell’Istituto sul metodo di diffusione dei dati – s’è levato un coro di critiche bipartisan, anche dall’interno dei partiti che sostengono Monti.

Ma il problema politico del premier è più acuto di quello legato all’episodio in sé e al punto interrogativo che grava sul futuro di 350mila italiani. Il problema è che nei prossimi mesi la tensione sociale in Italia non potrà che aumentare. La disoccupazione non potrà che esplodere. Ci saranno scontri, proteste incalzanti, crisi di interi settori o quadranti territoriali. La posizione del ministro del welfare sarà cruciale. Richiederà sangue freddo, concretezza, durezza. Ma anche il massimo della flessibilità, della fantasia creativa. Richiederà, soprattutto, competenza ed esperienza nella gestione delle vertenze del lavoro, altro che limitarsi ai sacri testi della scienza attuariale…

Difficile dire se tutto questo pericolo di sostanza decisionale e dinamiche relazionali si appesantirà sul capo della Fornero fino a indurla a fare un passo indietro, o peggio a condurla a essere richiesta dal suo amico Mario (Monti) di un passo indietro che forse il suo ego le proibirebbe di compiere spontaneamente. Ma certo la grana di una simile caratterialità proprio non ci voleva, per il governo Monti, e meno che mai nell’ambito più delicato dei prossimi mesi.

L’unico alleato vero della Fornero è dunque oggi il tempo: il governo ha di fronte a sé al massimo nove mesi di lavoro. Può anche darsi che non valga la pena fare rimpasti per cambiare strada così a ridosso dell’arrivo…