Impiegati pubblici over 60 nel mirino della spending review. Il piano messo a punto da Enrico Bondi potrebbe infatti prevedere una massiccia azione di pensionamento nei confronti di una platea composta da circa 231 mila lavoratori, vale a dire il 7% degli impiegati pubblici. L’idea di base è l’applicazione di un’indennità pari all’80% dello stipendio per due anni, da calcolare però sul salario base e non sull’intero trattamento economico. Una volta esclusi dal conteggio le diverse indennità, premi di produzione, straordinari e bonus, ecco che quell’80% diventa in media un 62% e in alcuni comparti anche il 50%. Per ora si tratta solamente di un’ipotesi la cui applicazione, fino a che non verrà definita con chiarezza, presenta ancora diversi dubbi rilevanti: uno tra tutti il fatto che a seguito della riforma previdenziale molti over 60 non sono poi così vicini alla pensione, quindi un intervento del genere andrebbe solamente a incrementare il già tanto discusso numero dei cosiddetti “esodati”. Cerchiamo di chiarire la situazione con Gianni Baratta, Segretario confederale della Cisl.



Segretario, quanto è realistica un’ipotesi del genere e cosa ne pensa?

Vorrei sottolineare innanzitutto che non abbiamo avuto alcuna comunicazione ufficiale riguardo un’ipotesi del genere. Un recente accordo firmato il 3 maggio scorso con il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, e con Regioni, Province e Comuni ha chiaramente stabilito che, nell’ambito di un nuovo modello di relazioni sindacali, le amministrazioni si confronteranno e renderanno conto ai sindacati a proposito degli effetti della spending review sull’occupazione. Nulla di tutto questo è avvenuto e credo che ritenere che ci siano oltre 230 mila lavoratori eccedenti sia veramente un’enormità.



Come giudica questa ipotetica applicazione dell’indennità pari all’80% ma sul salario base?

Questo è in realtà previsto dalla legge Brunetta: mobilità per due anni e possibile licenziamento se questa non dovesse sortire una nuova collocazione presso un’altra amministrazione pubblica. Si tratta di regole scritte in una legge, ma mai realmente gestite fino ad ora, quindi credo che se si volesse cominciare adesso si dovrebbe come minimo prevedere un confronto sindacale per capire come vengono operati i tagli e gestiti i criteri di mobilità tra un’amministrazione e un’altra.

Ritiene che il risparmio che si potrà ottenere giustifichi la scelta di mandare in pensione anticipata migliaia di persone?



Credo che attraverso la spending review e all’interno del variegato mondo delle Pubbliche amministrazioni si possano individuare tanti di quei sprechi e costi che possono senza dubbio avere la precedenza rispetto a un colpo di mannaia nei confronti dei lavoratori. La spending review non dovrebbe essere soltanto un’operazione di risparmio ma anche un’azione per reperire risorse da poter in parte reinvestire nella stessa Pubblica amministrazione, per fare in modo che il sistema pubblico possa muoversi verso un modello di maggiore efficienza ed efficacia per i cittadini e per le aziende. Non vorrei che il governo stia scegliendo la strada più facile e veloce, cioè quella che colpisce i dipendenti.

Dopo la riforma previdenziale non tutti gli over 60 sono vicini alla pensione. Cosa ci vuole affinché non si vadano ad aumentare ulteriormente le fila degli “esodati”?

Bisogna intanto capire quali siano le procedure di applicazione, perché non vorrei che si ripetesse tutto quello che abbiamo già visto recentemente con la questione dei cosiddetti esodati. Prima di dare un giudizio è necessario capire quali sono le modalità con cui ci si sta muovendo e francamente questo non è ancora stato chiarito. Se ne sta parlando ma ancora non è stata aperta una reale discussione a riguardo.  

Dopo le tante polemiche sulla disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati, crede che questo possa essere considerato un primo passo verso una parificazione?

Vorrei sottolineare che è vero che nel settore privato si è pagato un prezzo altissimo con pesanti tagli sull’occupazione, ma è anche vero che il sistema contrattuale ha continuato comunque a marciare. Il fatto è che anche il settore pubblico è stato molto colpito, con il blocco del turn over che prevede l’assunzione di una persona ogni cinque che se ne vanno e il fenomeno del precariato anche nella Pubblica amministrazione che coinvolge diverse centinaia di migliaia di persone assunte a termine. Parliamo quindi di tutta una serie di situazioni veramente penalizzanti che di certo non migliorerebbero con un ulteriore intervento di questo tipo.

 

(Claudio Perlini)

 

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