Chi la osserva dall’esterno ha l’impressione di una prova di forza estenuante. In cui ne sta facendo le spese chi si trova al di fuori della contesa, ma ne è investito suo malgrado: gli esodati. Dopo che la nuova disciplina pensionistica ha gettato migliaia di persone nella prospettiva di ritrovarsi senza lavoro e senza pensione, è iniziato il walzer dei numeri. Per mesi, il ministro Fornero non ha fornito i dati relativi alla platea di interessati. Poi, ha stabilito che coloro che andavano salvaguardati attraverso deroghe alla nuova normativa non fossero più di 65mila. E che, laddove la platea si fosse rivelata più ampia, si sarebbe riservata di affrontare la questione solo in futuro. Ma l’Inps l’ha drasticamente smentita.  Con un documento in cui confermava i calcoli dei sindacati, ha rivelato che gli esodati sono 390.200. Ieri, in Senato, il ministro ha affermato che, effettivamente, ci sarebbero altri 55mila esodati; ma che i numeri dell’Inps sono fuorvianti e parziali. Come stanno le cose? Maurizio Petriccioli, segretario confederale della Cisl con delega al Fisco e alle previdenza, spiega a ilSussidiario.net: «I dati dell’Inps sono veritieri, non c’è alcun dubbio; la Fornero non sta facendo altro che continuare a nascondere la testa sotto la sabbia e ignorare centinaia di migliaia di persone che, a causa del repentino inasprimento dei requisiti pensionistici da lei stabilito, rischiano di rimanere senza reddito da lavoro e da pensione».



Altro che 62 anni di età, il limite ipotizzato dalla titolare del welfare oltre al quale non si esclude si salvare i nuovi 55mila: «Riteniamo che la strada maestra da seguire per dirimere la vicenda sia quella delle deroghe alle disciplina vigente, per consentire l’accesso al regime previdenziale con i criteri della precedente normativa». Detto ciò, le soluzioni individuabili possono essere differenti a seconda delle categorie specifiche. «Noi chiediamo di attivare un tavolo di lavoro attraverso il quale individuare le forme più utili alla risoluzione del problema. Ovviamente, infatti, non si trovano tutti nella medesima condizione: ci sono lavoratori in mobilità, in cassa integrazione, che hanno ottenuto incentivi per lasciare l’azienda o che hanno scelto la strada della contribuzione volontaria perché espulsi dal mondo del lavoro».



Per il momento, la piega assunta dagli eventi è stata un’altra: «In due occasioni abbiano tentato di instaurare un dialogo con il ministro. Abbiamo sempre trovato una chiusura preconcetta. Benché non avesse argomenti per smontare le nostre tesi, il ritornello è stato sempre il medesimo: “Ci sono le risorse per salvaguardare esclusivamente 65mila persone”.  Questi tavoli, quindi, sono stati vanificati dall’indisponibilità del ministro a un confronto reale». La Cisl, dal canto suo, un’ipotesi su dove reperire le risorse l’ha avanzata: «La riforma comporterà, nei prossimi dieci anni, un risparmio di circa 140 miliardi. Un minima quota, 15-20 miliardi, può essere usata per dare copertura a queste persone e alle loro famiglie». Resta ignoto il motivo per il quale la Fornero abbia deciso di prendere di petto i vertici dell’Inps.

 «Alla luce dell’atteggiamento mantenuto negli ultimi mesi, è chiaro che non ha altri argomenti. Ma è inutile prendersela con l’Inps. A tutti, infatti, è sempre stato chiaro, fin da subito, cos’è successo: centinaia di migliaia di persone pensavano di uscire dal mercato del lavoro con determinati requisiti pensionistici. Ma, in pochi giorni è stata fatta una riforma che ha spostato di parecchio in avanti l’età minima senza contemplare alcun meccanismo graduale come molti avevano suggerito proprio per evitare che scoppiasse il caso degli esodati». In conclusione, «chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Anzi: siccome le è congeniale, invece che attaccare l’Inps, farebbe meglio a piangere per il male che ha creato agli altri». 

 

(Paolo Nessi)