La misura, nel pubblico impiego, è colma. Cgil, Cisl e Uil hanno indetto, per domani, due ore di sciopero. Chiedono che il fuoco di fila sul comparto si fermi. E che, quindi, «si interrompa il percorso preannunciato su spending review e lavoro pubblico». Le sigle denunciano, in particolare, le modalità affrettate e grossolane con cui è stata impostata la revisione della spesa pubblica e gli annunci a mezzo stampa di misure ideate sulla testa dei lavoratori coinvolti. «La spending review così come è stata  costruita non è altro che una formulazione in una lingua straniera per riproporre, nella stessa identica maniera, i tagli lineari», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net Benedetto Attini, sindacalista Uil, responsabile del settore Pubblico impiego-Statali. «Eppure – continua – la filosofia di fondo sarebbe dovuta essere un’altra. Sarebbe stato necessario studiare il funzionamento della Pubblica amministrazione e come utilizzare le risorse per garantire un’erogazione di servizi per i cittadini e per le imprese più efficaci ed efficienti. Tutto ciò non può essere fatto in 8 mesi. Quindi, si è preferito continuare con i tagli». Da questo modo di ragionare procedono conseguenze dirette. «Non si può pensare che la Pubblica amministrazione funzionerà meglio stabilendo a tavolino che è necessario tagliare un certo numero di dipendenti, come è stato fatto. Se lo scopo del governo è quello di renderla ciò che rappresenta in tutti i Paesi civili e industrializzati, ovvero il volano per l’economia, occorre mettere in campo determinati investimenti. Se, invece, si tratta di una semplice operazione di riduzione della spesa, occorrerebbe, almeno, molta cautela».  Tanto più che si rischia di fare danni molto seri. «La spirale recessiva potrebbe acuirsi. Un processo – è bene ricordarlo – attivato dal governo Monti con provvedimenti quali le ultime accise sui carburanti o l’Imu; quando gli italiani scopriranno, infatti, quanto costa avere una seconda casa al mare, per quanto piccola essa sia, si determinerà un processo pericolosissimo: elevata offerta sul mercato immobiliare, crollo dei prezzi e conseguente crollo del settore edile e di tutto il suo indotto».



Tutto ciò rappresenta il contrario di quanto, data la situazione, andrebbe fatto. «E’ in atto una crisi internazionale. L’unico sistema per uscirne è creare soluzioni per lo sviluppo e nuovi posti di lavoro». Con il prepensionamento degli over 60, invece, il lavoro lo si toglierà a chi ce l’ha. Anche qui, si prevedono nefaste conseguenze. «Se si assumono interventi normativi senza preoccuparsi degli effetti che si determineranno, va a finire che le fila degli esodati si ingrosseranno.  L’ipotesi, infatti,  è quella di ridurre gli organici dei ministeri di 30mila unità per poi arrivare, compresi gli over 60, a 150mila lavoratori». Il reddito di costoro subirà una falcidia. «Saranno messi a disposizione, ricevendo l’80% dello stipendio per due anni. Poi, non avranno più niente. Migliaia di persone saranno gettate in una situazione di indigenza, considerando che l’età minima per accedere al trattamento previdenziale è di 66 anni e che chi sarà prepensionato a 60 anni non avrà di che vivere per almeno altri 4.  E’ pur vero che pare che il governo stia studiando una soluzione che si basa sul tenere conto sia dell’età anagrafica che di quella contributiva. Ma su questo, non ci sono assicurazioni». 



Ecco gli altri motivi della manifestazione di domani: «Si parla anche del blocco delle tredicesime per i lavatori del pubblico impiego per i prossimi tre anni, della diminuzione del salario del 5%, del taglio o dell’eliminazione dei buoni pasto». Non è finita qui: «Dal 2010 è stato imposto il blocco dei contratti e lo sarà fino al 2015. In questi anni, le loro retribuzioni non subiranno alcuna rivalutazione. Considerando tutti gli altri provvedimenti si determinerà una riduzione delle retribuzioni reali pari al 30%». 

 

(Paolo Nessi)



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