Per il momento, non sembrano esserci vie d’uscita. Il ministro Fornero, almeno, ha deciso che non ce ne possano essere altre, salvo quelle individuate da lei. Che, tuttavia, per i diretti interessati, senza pensione e senza lavoro, o in procinto di esserlo, perché sono usciti dalla propria azienda poco prima che la riforma inasprisse i criteri minimi per andare in pensione, rappresentano microscopici palliativi inadatti a porre rimedio alla disastrosa situazione venuta a crearsi. Gli esodati (ovvero, gli esodati veri e propri, ma anche i mobilitati, gli aderenti ai fondi di solidarietà e alla contribuzione volontaria) secondo i dati dell’Inps sono, complessivamente, 390.200. E’ opinione comune che non vi sia motivo per dubitare della correttezza della cifra. Sta di fatto che, per il ministro, sono 65mila più altri 55mila che avrebbe identificato di recente. A costoro, concederà di andare in pensione con le vecchie regole. Per tutti gli altri, si vedrà. Ad oggi, si parla solamente di incentivi per tornare al lavoro. Su queste pagine, Giuliano Cazzola, vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, ha lanciato una proposta per uscire dall’impasse. Esiste una norma, non ancora abrogata, che consente alle lavoratrici di andare in pensione con 57 anni di età, più le finestre mobili, e 35 anni di versamenti «alla condizione di sottoporre il proprio trattamento pensionistico al calcolo interamente contributivo anche per la quota antecedente il 1° gennaio 1996». Con opportuni aggiustamenti potrebbe essere estesa, su base volontaria, anche a tutti gli esodati. IlSussidiario.net ha chiesto a Domenico Proietti, segretario confederale della Uil con delega alle Politiche fiscali e previdenziali, cosa ne pensa. «Apprezziamo l’impegno dell’onorevole Cazzola che, anche in Commissione Lavoro, sta dando una mano per risolvere la questione degli esodati. Crediamo, tuttavia, che la via maestra consista nell’applicare le deroghe alla nuova disciplina a tutti quelli che hanno sottoscritto accordi collettivi o individuali. La proposta di Cazzola, infatti, determinerebbe un danno rilevantissimo a queste persone e crediamo, di conseguenza, che non sia praticabile».
Il sindacato, in ogni caso, non la esclude del tutto: «Certo, non possiamo fare altro che giudicare positivamente tutto ciò che contribuisca ad aggiungere flessibilità al sistema e che venga introdotto su base volontaria. Se ci fossero lavoratori che decidessero spontaneamente di accedere a tale tipo di prestazione non avremmo nulla in contrario». Ma in pochi lo farebbero. «Sappiamo che pochissime donne, nel pubblico impiego, hanno deciso, in passato, di accedere al regime previsto dalla legge a cui fa riferimento Cazzola. Quelle che venivano presso i nostri patronati a farsi fare il conteggio scoprivano, infatti che avrebbero subito una riduzione dell’assegno pari anche al 40% dell’importo». Qualunque soluzione definitiva, in ogni caso, si è finora scontrata con l’atteggiamento del ministro.
«Se la Fornero avesse voluto fare un’operazione utile avrebbe dovuto fin da subito convocare le parti sociali e l’Inps per effettuare una ricognizione seria e puntuale del numero di lavoratori coinvolti. Non è stato fatto, e ci troviamo nell’attuale situazione. Per questo, stiamo preparando un’altra manifestazione per risolvere il tema degli esodati». Dove sarà ribadito quanto più volte sottolineato anche su queste pagine: «Il governo deve rimettere all’interno del sistema previdenziale parte delle risorse sottratte a dicembre. Così si avrà la copertura finanziaria per rispondere alle legittime esigenze dei lavoratori penalizzati. In questo sforzo, va riconosciuto alla Commissione Lavoro, di cui Cazzola fa pare, di stare operando seriamente per individuare una risposta al problema».
(Paolo Nessi)