Benché consapevole che non possa essere la soluzione definitiva, Giuliano Cazzola, Vicepresidente della Commissione Lavoro alla Camera, ha lanciato una proposta che potrebbe, per lo meno, gettare acqua sul fuoco. Per il momento, il problema degli esodati è tutt’altro che sanato. Per l’Inps sono 390.200. Per la Fornero, molti meno. In ogni caso, oltre ai 65.000 più 55.000 per i quali intende far valere le vecchie regole, sa che ce ne sono altri. Persone che erano uscite anticipatamente dal lavoro in seguito ad accordi e che in virtù dell’inasprimento dei requisiti d’età introdotti dalla riforma delle pensioni, si ritrovano o si ritroveranno senza reddito da lavoro e da pensione. Ebbene, Cazzola suggerisce di far valere per tutti e su base volontaria una vecchia legge ancora valida che consentirebbe di andare in pensione con 57 anni di età e 35 di contributi. A patto di «sottoporre il proprio trattamento pensionistico al calcolo interamente contributivo anche per la quota antecedente il 1° gennaio 1996». IlSussidiario.net ha chiesto a Giovanni Centrella, segretario generale dell’Unione generale del lavoro, come giudica la proposta. «Dobbiamo partire dal presupposto – afferma – che questi lavoratori avevano dei diritti. Avevano preventivato che gli sarebbe stata erogata una pensione piena, commisurata all’età in cui sarebbero usciti dal lavoro. Il fatto che Cazzola abbia tentato di porre rimedio alla situazione è apprezzabile, ma la sua proposta, di per sé, ridurrebbe in ogni caso i diritti di partenza». Secondo Centrella, al di là dell’evidente riduzione dell’importo dell’assegno, si creerebbero enormi disparità: «Immaginiamo un lavoratore che abbia sottoscritto un accordo entro il 4 dicembre 2011. Secondo quando previsto dalla Fornero, costui rientrerebbe tra i 65mila salvaguardati che potrebbero andare in pensione con le regole precedenti alla riforma del ministro. Un lavoratore che, invece, avesse firmato un accordo anche un solo giorno dopo il 5 e che accettasse di andare in pensione con i criteri individuati dalla proposta di Cazzola, si troverebbe un assegno decisamente più leggero. I due lavoratori, pur trovandosi nella medesima condizione di partenza, per un giorno di scarto si troverebbero in condizioni drasticamente diverse».
Una beffa gigantesca: «Mi pare una disparità di trattamento inaccettabile per uno Stato di diritto. Anche laddove si decidesse di accedere a un tale regime esclusivamente su base volontaria. Paradossalmente, se per tutti i 390mila esodati si fosse previsto l’applicazione della proposta di Cazzola, sarebbe stato meno peggio che prevederne l’applicazione per alcuni e salvaguardare con le deroghe altri. Sarebbero stati tutti penalizzati ma, almeno, sarebbero stati trattati tutti allo stesso modo». Alla radice del problema, vi è una colpa: «Il ministro Fornero sta facendo degli enormi errori. Gli esodati non possono essere conteggiati a pacchetti di 55-60mila per volta. Il fatto è che, fin da subito, avrebbe dovuto fare come le avevamo suggerito. Convocando, anzitutto, un tavolo con le parti sociali per discutere seriamente di queste persone».
C’è, in particolare, qualcosa che non torna: «Il ministro era perfettamente a conoscenza dei numeri esatti. Contesta i dati dell’Inps, denunciando il fatto che, oltre a non essere giusti, sono stati comunicati prima alla stampa che a lei. Mentre, in questi mesi, ha affermato che erano in corso le procedure per stabilire quanti fossero effettivamente. Ebbene, è impossibile che non lo sapesse. I verbali degli accordi, infatti, vengono comunicati al ministero del Lavoro». Come se non bastasse, i numeri dell’Inps e quelli dei sindacati coincidono: «Stando a questi verbali, noi, da tempo, le avevamo fatto presente che gli esodati erano più di 350mila; un ordine di grandezza compatibile con quello dell’Inps».
(Paolo Nessi)