I tagli alle telefonate dei dipendenti statali previsti dalla “Spending review” non sono altro che l’ultimo fuoco fatuo della rappresentazione tragicomica dell’operazione-austerity. Quando si dice raschiare il barile: uno Stato moderno avrebbe da anni interamente riconvertito la sua rete telefonica vocale su sistemi “voip” (voice over ip, di quelli che adottano centinaia di migliaia di imprese private) dove si pagano tariffe piatte. Il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha trovato invece una situazione vecchia, ferma a formule di trent’anni fa e senza fare una piega l’ha modificata con le logiche di trent’anni fa.
Il “giro di vite” che si preannuncia sugli statali sarà quindi tutto chiacchiere e distintivo. Nell’ipersindacalizzata Pubblica amministrazione italiana è impensabile, a oggi, non solo pianificare tagli all’organico, ma anche discutere seriamente di produttività. E questo nelle amministrazioni centrali. Per non parlare di quelle periferiche – quindi dei dipendenti degli enti locali – dove l’anarchia regna sovrana. E allora?
Allora, in teoria, servirebbe una forza politica, un’assertività di potere, una determinazione e una copertura parlamentare di cui il governo Monti non ha neanche l’ombra. Se solo pensasse di incamminarsi lungo questa strada, il premier rischierebbe di finire come la Grecia, che aveva promesso di tagliare il pletorico organico pubblico e s’è ritrovata con 70 mila dipendenti in più assunti, semiclandestinamente, in tre anni.
Si parla di una riduzione delle piante organiche del 5%: è possibile, forse, solo come blocco del turn-over e/o come campagna di prepensionamenti. Ma lo “scandalo esodati” dimostra che prepensionare significa sprigionare costi pazzi a carico della Pubblica amministrazione: e che senso ha per lo Stato risparmiare alla voce “stipendi” quel che si va a spendere in più alla voce “pensioni”? Una stupida partita di giro.
Perciò si profila una campagna di taglietti più di forma che di sostanza: le telefonate, i buoni pasto (ridotti a tutti linearmente di un euro al giorno o a un massimo di 7 euro per ogni giorno di lavoro). E la solita carrellata di banalità dis-organizzative che vengono riproposte da decenni (Sabino Cassese, Franco Bassanini, Renato Brunetta: c’hanno provato tutti) lasciando sempre tutto come prima, se non un po’ peggiorato: accorpamenti degli uffici dei ministeri, soprattutto a livello locale; riduzione degli affitti con la fissazione di un tetto massimo agli spazi destinati ai dipendenti; nuova sforbiciata alle auto blu; probabilmente ulteriori riduzioni di trasferimenti ai Comuni e alle Regioni che non rispettano determinati parametri di spesa; eliminazione per decreto di alcune centinaia di enti intermedi (Ato, Consorzi, Agenzie, ecc.). Che poi finiscono accorpati, con gli stessi costi e ancor meno funzioni, in altri, sopravvissuti. Tutto un falso movimento.
E del resto, in questa vigilia elettorale ormai chiaramente avviatasi, quale forza politica si prende la briga di tagliare sul serio i costi degli organici pubblici, in un governo che non più tardi di ieri l’altro ha escluso gli statali dalla riforma del lavoro, perpetuando un superprivilegio che da solo frutterebbe infinitamente più soldi di tutte queste sceneggiate in corso?
P.S.: Tagliare le Province, sissignore. C’hanno provato tutti, non ce l’ha fatta nessuno. Ma comunque solo uno scienziato pazzo può pensare di ridurre la Toscana a due province. Per chi conosce quella terra e quelle genti, semmai sono poche dieci!