Il governo, probabilmente, ha capito che le fila degli esodati – 390.200 secondo le stime dell’Inps – si sarebbero ingrossate ulteriormente. E che l’eventualità è assolutamente da scongiurare. Quindi, pur non avendo messo da parte l’ipotesi di prepensionare gli statali over 60, a partire dai dirigenti, ha individuato il modo per evitare il disastro. A oggi, l’idea è quella di garantire due anni di mobilità a chi va in pensione anzitempo. E’ evidente che, essendo salita l’età pensionabile a 66 anni, in molti si ritroverebbero, scaduto il sussidio senza pensione e senza stipendio per anni. E allora, si è pensato di derogare i lavoratori statali prepensionati, consentendo loro di accedere al regime previdenziale con le regole precedenti alle riforma Fonero. Rossana Dettori, responsabile della Funzione pubblica della Cgil, ci spiega perché la proposta del governo è da bocciare: «Si creerebbero disparità inaccettabili. Da un lato, ci sarebbero gli esodati, di cui ancora la Fornero non ci ha fornito il numero preciso, ma che, per il momento, salvo i 65mila più altri 55mila salvaguardati, si troveranno privi di reddito da pensione e da lavoro per anni; dall’altro, i dipendenti del pubblico impiego derogati. A quel punto, i dirigenti pubblici godrebbero di condizioni che a quelli privati sono state sottratte, benché ne avessero diritto. Il provvedimento, di fatto, metterebbe gli uni contro gli altri. Dando adito – è presumibile – a maree di ricorsi dal momento che si introdurrebbe una disparità alla quale ci si potrebbe appellare giuridicamente». In molti i chiedono come sia possibile che il governo, costituito da cosiddetti tecnici, non abbia tenuto debitamente in considerazione le conseguenze drammatiche che si sarebbero prodotte in seguito alla riforma delle pensioni e che si produrranno con la spending review e l’ipotesi di prepensionamento degli over 60. «Già il fatto che il ministro non avesse la consapevolezza di quanti fossero gli esodati la dice lunga. Sarà pure un luminare. Peccato che non abbia realizzato cosa stava mettendo in campo e ha fatto i conti con la realtà perché o non aveva i dati, o non li ha cercati o li aveva e li ha nascosti. In tutte e tre i casi ci troveremmo di fronte a gravi colpe». Il giudizio di fondo sull’intenzione di mandare a casa i dipendenti pubblici che abbiamo superato una certa età, per il sindacato, non può che essere negativo: «Dopo aver varato una riforma delle pensioni estremamente penalizzante, che non ha minimamente tenuto conto della possibilità di introdurre quella flessibilità che in molti avevano richiesto e che ha prodotto, come effetto drammatico, centinaia di migliaia di esodati, il governo sta compiendo gli stessi errori. E, ancora una volta, sta agendo per mere esigenze di cassa. Colpendo laddove è più facile colpire. Prima i pensionati e adesso il pubblico impiego». La Cgil, lunedì, assieme a Cisl e Uil incontrerà il governo. «Tanto per cominciare, chiederemo di dar piena attuazione a un’intesa firmata il 10 maggio con il ministro della Funzione pubblica che prevede, tra le altre cose, che la parte riguardante la mobilità sia concordata tra le parti».
Nel merito della spending review, ecco i suggerimenti che consentirebbero di non dover risparmiare penalizzando le persone: «Si può iniziare a tagliare le auto blu. O le consulenze, per le quali si spendono ogni anno un miliardo e 800 milioni di euro, e molte dei quali non corrispondono alle reali esigenze delle pubbliche amministrazioni. Pensiamo, inoltre, che sia possibile razionalizzare alcune funzioni, risparmiando in affitti e locazioni, senza ridurre le prestazioni per i cittadini». Ecco qualche esempio: «Non è pensabile che sia il Comune che la Provincia abbiamo la propria biblioteca quando entrambe potrebbero afferire al medesimo ente. Ci sono alcuni assessorati, inoltre, che si potrebbero tranquillamente accorpare. Sarebbe sufficiente, infine, dar vita ai centri unici d’acquisto per impedire che la medesima matita costi diversamente a seconda delle Regioni in cui viene acquistata».
(Paolo Nessi)