“Il tasso di disoccupazione di lunga durata, un indicatore della gravità delle condizioni del mercato del lavoro, è aumentato fortemente tra i giovani e, seppur in misura minore, per i lavoratori con basse qualifiche e gli uomini tra i 25 e i 54 anni, mentre è rimasto stabile per le donne e i lavoratori più qualificati”. E’ l’Ocse a rivelare nel suo ultimo rapporto sulle prospettive dell’occupazione, recentemente presentato a Parigi, che oltre il 50% delle persone che ha perso il lavoro oltre un anno fa non è riuscito a trovarne un altro nei dodici mesi successivi. “L’Italia é stata colpita duramente dalla crisi ed è probabile che la disoccupazione continui ad aumentare”, ha fatto sapere ancora l’Ocse, che guarda positivamente alla riforma del mercato del lavoro approvata lo scorso mese, ma invita l’Italia ad attuarla in tempi brevi. Secondo Emmanuele Massagli, vicepresidente di Adapt, contattato da IlSussidiario.net, «il dato riguardante la disoccupazione di lunga durata è certamente grave, ma in realtà non sorprende più di tanto. In Italia la disoccupazione complessiva è relativamente bassa  e questo perché tentiamo in ogni modo di non far entrare persone in disoccupazione anche attraverso ingenti investimenti in politiche passive, come gli ammortizzatori sociali. Ciò che è debole in Italia è soprattutto la politica attiva, tanto pubblica quanto privata, quindi è ormai chiaro che una volta perso il lavoro è molto difficile trovarne un altro». Osservando la riforma approvata nel mese di giugno, Massagli afferma che quanto stabilito dal governo potrà rivelarsi «molto rischioso perché, determinando un irrigidimento del mercato complessivo, si rischia di immobilizzarlo ancora di più e di fatto cristallizzare l’attuale situazione».



L’aspetto più preoccupante dei dati rilevati dall’Ocse, spiega ancora Massagli, è che «la disoccupazione di lunga durata riguarda principalmente i giovani che, dopo aver avuto esperienze di lavoro brevi e frammentate, non riescono a entrare nel mercato del lavoro ancora dopo un anno. Questo rappresenta certamente una cicatrice che purtroppo resterà per molto tempo sul loro curriculum, perché più a lungo dura il tempo di disoccupazione più difficile sarà poi trovare un posto di lavoro».



Cerchiamo infine di paragonare le percentuali relative alla disoccupazione presente in Italia alle dinamiche dei Paesi dell’Unione maggiormente colpiti dalla recessione come Spagna, Grecia e Portogallo: «L’Italia si avvicina in parte a queste realtà – conclude Massagli – soprattutto per l’inefficienza del mercato del lavoro. Non dimentichiamo però che, a differenza loro, l’Italia possiede le industrie e un settore produttivo e manifatturiero molto importante. Il tessuto imprenditoriale è quindi ancora molto vivace e per questo riesce a creare lavoro e a esportare. Su tale aspetto non possiamo dunque essere paragonati a un Paese come la Grecia, che di fatto possiede solamente il turismo come unica vera risorsa, e alla Spagna, che arriva da una bolla immobiliare molto più forte di quella che sta vivendo l’Italia».



 

(Claudio Perlini)