Parlando di giovani, del fenomeno Neet e della dilagante rassegnazione, diciamo da tempo, in modo anche piuttosto condiviso, che la crisi economica di questi ultimi anni ha fatto esplodere il deficit culturale italiano; deficit che si riverbera certo sul mondo del lavoro, ma che viene prodotto e coltivato anche altrove, soprattutto a scuola e in famiglia. La difficile transizione tra scuola e lavoro è figlia di questa carenza, ma non certo perché non abbiamo una scuola capace di insegnare un mestiere, quanto piuttosto perché scuola e famiglia sono sempre più in difficoltà nel formare uomini autonomi, responsabili, capaci di sentirsi a casa nel mondo che abitano. «Stiamo parlando del problema dei problemi – dice a ilsussidiario.net Alberto Meomartini, Presidente di Assolombarda. Qualche volta chi rinuncia, chi non cerca lavoro e non studia – fenomeno tipico italiano – è perché probabilmente è arrivato all’età del lavoro e del proseguimento degli studi senza capire che la crescita della comunità è dovuta essenzialmente al lavoro».



E invece? Che tipo di valori avvertono i giovani oggi con la conflittualità nel lavoro che c’è in Italia?

Al riguardo abbiamo avuto qualche elemento culturale disgregativo. Io credo che questo è il classico problema la cui soluzione spetta a ciascuno di noi, qualsiasi attività svolga, in particolare anche all’associazionismo d’impresa, perché qualche volta ci rendiamo conto che i ragazzi hanno un’idea dell’Italia e delle proprie opportunità che non corrisponde alla realtà. Due anni fa abbiamo fatto un sondaggio e ne è uscito che la stragrande maggioranza dei giovani pensava che il Pil dell’Italia derivasse dal turismo. Non è cosi, magari fosse così.



E quindi cosa si può fare per avvicinare i giovani alla realtà del lavoro?

Come associazione d’impresa, Assolombarda dedica molto tempo e gran parte delle proprie risorse a diffondere e promuovere la cultura del lavoro tra i giovani. Facciamo questo attraverso una serie di iniziative e di accordi con il mondo della scuola, il mondo dell’università. Assolombarda ha sviluppato da diverso tempo esperienze di collaborazione finalizzate a colmare la distanza tra il mondo dell’impresa e quello dell’università, individuando linguaggi comuni e cercando di ridurre il divario tra le competenze dei giovani “in uscita” dal sistema scolastico e quelle “in entrata” nel mondo del lavoro. Nella nostra associazione integriamo, orientiamo, sosteniamo, promuoviamo con politiche formative quasi 10mila giovani all’anno. Ogni anno promuoviamo attività di inserimento lavorativo e di alternanza scuola-lavoro che coinvolgono molte delle nostre aziende associate.



Del resto, il successo delle politiche per l’occupazione giovanile in Germania (unico Paese europeo che dal 2007 ha visto calare i numeri della disoccupazione giovanile) passa proprio da un sistema di alternanza scuola-lavoro piuttosto efficace.

Lo stretto rapporto che le imprese hanno sempre avuto con il mondo della formazione e dell’istruzione tecnica è la forza anche del nostro sistema produttivo. Occorre modernizzare l’istruzione e la formazione tecnica e professionale per accrescerne l’attrattività e farne un’opzione di apprendimento qualitativamente valida, tale da consentire ai giovani di acquisire abilità direttamente spendibili sul mercato del lavoro e alle persone già inserite nel mercato del lavoro di aggiornare le proprie competenze nel corso della vita lavorativa.

 

Su questo specifico punto fate qualcosa in particolare?

 

Assolombarda lavora a favore dei Comitati tecnico-scientifici che saranno costituiti presso gli Istituti tecnici per facilitare il dialogo delle scuole con l’universo lavorativo e professionale di riferimento. Per le nostre imprese, inoltre, impegnarsi per un riavvicinamento tra sistema produttivo locale e mondo della scuola, ha anche un significato di responsabilità sociale verso il territorio e le comunità locali in cui operano.

 

Quali benefici ricadono sui giovani dalle attività che promuovete?

 

Penso che se noi a Milano abbiamo una migliore occupazione e una minore disoccupazione giovanile è perché puntiamo sulle nostre imprese non più solo come luoghi di lavoro, ma anche come veri e propri soggetti formativi: luoghi di apprendimento, luoghi dove integrare la cultura scolastica con la dimensione pratica del “fare”. Su questo fronte, Assolombarda ha svolto e svolge un ruolo fondamentale di indirizzo e coordinamento di progetti di collaborazione finalizzati a sviluppare e qualificare il raccordo scuola-impresa sul versante delle competenze in uscita dei giovani.

 

Quali filoni di attività portate avanti?

 

Alcuni dei filoni di attività portati avanti con apprezzabili risultati sono: la promozione delle attività di stage e tirocini in azienda, progettati, gestiti e valutati secondo obiettivi di sviluppo di competenze; master universitari realizzati con contratti di apprendistato di alta formazione; contratti di lavoro a contenuto formativo come l’apprendistato, per inserirsi nel mondo del lavoro continuando a formarsi; il Dottorato di Ricerca “executive”, che molte aziende utilizzano con finalità di empowerment e, al contempo, di retention degli “alti potenziali”.

 

E le imprese come reagiscono alle vostre iniziative?

Le imprese stanno tornando a investire sui giovani, con piani strutturati di inserimento, crescita e valorizzazione delle risorse junior. Si tratta di un segnale importante di come stia crescendo nelle nostre imprese l’attenzione al capitale umano, la consapevolezza dell’importanza dell’investimento in conoscenza e la “cultura” della formazione, specialmente quella rivolta alla valorizzazione del potenziale innovativo espresso dai giovani.

 

Come rappresentante del mondo aziendale, lei crede che il valore dell’impresa sia recepito e promosso adeguatamente in questo Paese?

 

Una società cresce se c’è consapevolezza della cultura del lavoro da parte dei giovani e consapevolezza del ruolo dell’impresa. Viceversa l’impresa ha il primo dovere di sentirsi parte della comunità e non un valore sopra gli altri, ma un valore condiviso. Con tutti i problemi che ci sono, nessuno può essere risolto con l’impegno delle sole istituzioni. Ognuno deve metterci del suo, fare qualcosa al di là della propria responsabilità individuale. È fondamentale stimolare una domanda, ed è importante che lo svolga l’associazionismo industriale. Ma la responsabilità è di tutti, dalle imprese, all’associazionismo d’impresa, al mondo dell’istruzione.

 

(Giuseppe Sabella)