Come promesso la riforma del mercato del lavoro cambierà. I partiti, infatti, avevano accettato di votarla entro il vertice europeo del 28 giugno, per consentire a Mario Monti di presentarsi all’Eurogruppo con in “compiti fatti” e l’autorevolezza necessaria per dettare la linea. Ma, in cambio, avevano ottenuto di poterne modificare, a posteriori, i contenuti. Per questo, le forze che sostengono il governo (Pdl, Pd, Udc, Fli e Popolo e Territorio) hanno siglato un patto che si è tradotto in una serie di emendamenti al testo della legge che saranno compresi nel decreto sviluppo. Il presidente della commissione Lavoro, l’onorevole Silvano Moffa, illustra a ilSussidiario.net i punti qualificanti dell’accordo. «Abbiamo effettuato un lavoro emendativo in linea con l’impegno che assunse il presidente del Consiglio in Aula al momento dell’approvazione della riforma del lavoro; allora, infatti, si rese disponibile a una modifica del testo sul svarianti fronti». Quello delle Partite Iva, anzitutto: «Le nostre modifiche prevedono che il criterio relativo al reddito, attraverso il quale si stabilisce se la partita Iva non celi un rapporto di subordinazione, sia portato a due anni. Attualmente, è uno soltanto e crediamo non sia sufficiente per ottenere una media rappresentativa dell’effettivo reddito del lavoratore». Cambia anche il numero massimo di apprendisti previsto per ciascun settore produttivo: «Abbiamo ampliato il numero di apprendisti che un’azienda può assumere in rapporto al numero di lavoratori dipendenti qualificati. Si tratta di una misura che consente alle imprese una maggiore elasticità produttiva e, contestualmente, favorisce l’occupazione». Cambierà notevolmente anche la disciplina degli ammortizzatori sociali: «Abbiamo chiesto di prolungare i tempi del mantenimento del regime attuale e di rimandare l’introduzione dell’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) di almeno un anno, subordinandola a un serio monitoraggio del sistema vigente».
L’ampiezza delle convergenza che si è venuta a creare su queste misure è del tutto inedita: «Si è creata un’intesa tra le parti sociali e l’imprese che rispecchia i contenuti delle iniziative che avevano assunto come gruppi di maggioranza; abbiamo, infine, tradotto l’insieme di proposte in emendamenti». Sia ben chiaro, il nocciolo della riforma, resta immutato: «Il portato generale della riforma non cambia. Si tratta di miglioramenti che rispondono alle richieste provenienti dal mondo sindacale e delle imprese». Questa volta, da parte della Fornero, non dovrebbero esserci problemi: «Il ministro sa bene che questa intesa rappresenta l’esito di un equilibrio importante raggiunto all’atto dell’approvazione della riforma; del resto, il premier steso aveva dato piena disponibilità a delle limature. Non credo, quindi, che ci possano essere particolari resistenze».
Non sarebbe, del resto, interesse di nessuno non rispettare i patti: «Ci si è battuti per presentare il prima possibile, all’Europa, una riforma organica; ma a condizione che, successivamente, si avesse il tempo per renderla anche qualificata». Sarebbe un peccato, infine, vanificare gli sforzi di un Parlamento più in vita di come è stato descritto negli ultimi tempi: «Si è dimostrato che persiste una vitalità positiva da parte del Parlamento che ha dato vita a un circuito virtuoso, rispetto all’interazione con il governo, dopo una fase di accesi confronti».
(Paolo Nessi)