Destra, sinistra, centro, sindacati e Confindustria: tutti d’accordo (tranne Lega e Idv) praticamente su tutto; una convergenza inedita, più unica che rara, che si era tradotta in un’intesa parlamentare e nella produzione di una decina di emendamenti alle riforma del mercato del lavoro da inserire nel decreto sviluppo. E, invece, Elsa Fornero ha fatto saltare il banco, spiegando che potrebbe mancare la copertura finanziaria. Così, il patto trasversale ha avuto vita breve. Nonostante, come ha spiegato Silvano Moffa su queste pagine, il premier Monti, in sede di approvazione, si fosse impegnato a recepire le modifiche che i partiti avrebbero presentato da lì a breve. Tutti ricordano, infatti, che le forze che sostengono il governo accettarono di varare la legge, in fretta e furia, per consentire a Monti di far bella figura, presentandosi al vertice europeo del 28 giugno avendo fatto i compiti. Il patto, però, prevedeva che fossero rispettate le loro richieste. E che la riforma, oltre che rapida fosse anche qualificata. Michele Scandroglio, componente della commissione Lavoro della Camera, spiega a ilSussidiario.net come sono andate le cose. Anche perché, per il momento, l’alt della Fornero non è ancora ufficiale. «C’è, effettivamente, il sospetto che la Ragioneria dello Stato non abbia individuato la copertura necessaria. Tuttavia, lo stop definitivo, per il momento, è solo un’ipotesi. La Fornero, infatti, visti gli emendamenti, ha deciso di avocarli a sé e di riproporli modificati come riterrà opportuno. Non ci resta, quindi, che attendere la versione governativa per valutarne il merito». Sta di fatto che le disposizioni del ministro e il rifiuto di accettare l’esito del patto tra i partiti e le parti sociali pongono un problema politico: «D’altro canto – continua Scandroglio -, è chiaro a tutti come questo esecutivo tenga in minima considerazione qualunque osservazione provenga sia dal centrodestra che dal centrosinistra, mentre la sua sensibilità sociale è piuttosto modesta». Sul fronte economico, le cose non vanno meglio: «Le operazioni sin qui messe a punto sono, probabilmente, salvifiche dal punto di vista finanziario, ma deleterie per il cittadino medio».
Detto questo, in ogni caso, le modifiche concordate prima che la Fornero si attribuisse il compito di correggerle non avrebbero di certo sovvertito la disciplina vigente: «Personalmente, credo che la sua innovazione, per essere tale ed efficace, avrebbe dovuto comportare la revisione della flessibilità in entrata e un suo significativo aumento. Per il momento, quindi, ci troviamo di fronte a dei miglioramenti in corso d’opera. Che, tuttavia, non intaccano minimamente la sostanza dell’opera». Per intenderci, «l’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego), che dovrebbe sostituire gli attuali ammortizzatori sociali, laddove gli emendamenti rivisti dalla Fornero ricalcassero i nostri, non sarebbe eliminata, ma solamente rinviata di un anno». Per il resto, quindi, resta in piedi una riforma che non centrerà l’obiettivo: «A fronte delle diffuse difficoltà, tra le aziende, ad assumere, sono stati introdotti, specie per quanto riguarda i rapporti atipici e parasubordinati, ulteriori meccanismi di rigidità; in sostanza, si incentiva il datore di lavoro a non confermare i lavoratori a termine e a non assumerne di nuovi, anche laddove ne avesse bisogno. E’ evidente, infatti, che se la mancata stabilizzazione, dopo solo sei mesi, implica dei meccanismi penalizzati, le aziende ci penseranno due volte prima di investire in nuovo personale».
In sostanza: «Temo che questa riforma produrrà effetti opposti alle intenzioni, riducendo, paradossalmente, l’occupazione». Tra le evidenti finalità della sua approvazione c’era anche la rassicurazione dei mercati finanziari. Possibile che il governo non si renda conto che neanche questa è stata raggiunta? «Non sarebbe la prima cosa di cui si rende conto…». Resta da capire se, verosimilmente, il prossimo governo metterà mano alla riforma in maniera significativa. «Non vedo alternativa, per la sopravvivenza del Paese; se perfino chi rappresenta quanti dovrebbero fare degli sforzi per aumentare l’organico definisce il provvedimento una “boiata”, lasciarla inalterata non farà altro che deprimere ancora di più il mercato occupazionale».
(Paolo Nessi)