“Macelleria sociale” sì o no? Risposta semplice: se lo Stato facesse sul serio, a tagliare gli organici dei suoi dipendenti, senz’altro sì. Per non fare “macelleria sociale” – e il governo Monti non può e non vuole farla – lo Stato non dovrà far sul serio. Ma allora perché enunciare drastici interventi taglia-costi? Semplice: per buttare fumo negli occhi ai partner europei.



Il dato ufficiale più aggiornato sul tema è contenuto nella relazione tecnica alla spending review e dice che i dipendenti pubblici in esubero sarebbero 24mila: 11mila nei ministeri e negli enti pubblici non economici e 13mila negli enti territoriali. Seimila degli 11mila ministeriali e 2mila degli enti locali sono però pensionabili. Significa che se le cifre fossero “tutte qui”, il problema si ridurrebbe a 16mila persone da “sistemare”: non certo buttandoli in mezzo alla strada, ma studiando anche per loro soluzioni di “welfare” in grado o di accompagnarli alla pensione o di sostenerli nell’improbabile ricerca di un nuovo posto di lavoro.



Perché? Perché è politicamente impensabile che lo Stato, oggi, licenzi i suoi dipendenti. Lo ha fatto la Grecia – ma l’ha poi fatto sul serio? – solo dietro pressioni internazionali ben maggiori di quelle che stanno colpendo noi, e di fronte a un organico pubblico doppio rispetto a quello italiano se parametrato al Pil. Ma c’è un “ma” fondamentale, da considerare. Considerato che la Regione Sicilia, con 6 milioni di abitanti contro i 10 della Lombardia e un Pil pari a un terzo, ha più dipendenti regionali; e considerato che in Calabria lavorano tanti forestali quanto in tutto il Canada; ne consegue a vista d’occhio che quel calcolo dei 24mila esuberi è a dir poco edulcorato.



A voler essere severi probabilmente un conto di effettiva utilità collettiva dei dipendenti pubblici oggi in organico condurrebbe a conclusioni ben diverse: altro che 24mila, saranno diverse decine di migliaia gli statali sostanzialmente inutilizzati. Ma è impensabile tagliarli ora, tagliarli presto. L’unica possibilità è riconvertire quelli che non fanno niente affinché ricoprano – lavorando, finalmente – le funzioni che un sano e graduale – ma inderogabile! – blocco del turnover in tutte le amministrazioni dello Stato lascerebbe scoperte di mese in mese. Una riconversione di tale portata è però di una difficoltà estrema, roba che neanche un Marchionne o un Bondi, tanto per citare i miti del momento della managerialità privata “severa”, saprebbero garantirne il buon esito.

Ma allora cosa pensare, nell’insieme di questa spending review? Che è efficace solo nella parte che estende almeno un po’ (e non ancora quanto potrebbe!) il metodo delle aste on-line gestite (assai bene) dalla Consip a una ventina di miliardi di spesa pubblica in più per l’acquisto di beni e servizi: sarà un primo passo per arginare gli sprechi da intrallazzo. Ma ci vuol altro. Quanto al taglio degli organici, non sarà certo un governo tecnico, né un Paese in crisi sì ma non in emergenza a poterli fare sul serio: sarebbe macelleria sociale, lotta di piazza. Per ora, no. E speriamo mai.

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