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La Riforma Fornero è appena entrata in vigore e gli ultimi emendamenti sono all’esame definitivo, nell’ambito del Decreto Sviluppo, proprio in queste ore. Sembra davvero che il tempo delle discussioni e, ahimè, della concertazione, stia finalmente per concludersi e che potremo verificare nei fatti l’efficacia di quanto concepito per il miglior funzionamento del nostro mercato del lavoro.



Che giudizio sintetico dare, allora, sulla Riforma? E cosa possiamo affermare circa gli emendamenti proposti?Per ciò che concerne la Riforma del lavoro il giudizio è – seppur cautamente, poiché, appunto, in attesa di verifica – positivo per ciò che riguarda la direzione intrapresa: si è cercato di promuovere una visione più attiva e meno assistenzialistica del sostegno al reddito e dei servizi al lavoro, si è indicata la via della flessibilità buona contrapposta all’uso improprio di contratti che non garantiscono pienamente i diritti del lavoratore, si è voluto ridare centralità al contratto a tempo indeterminato, eliminandone l’assoluta inamovibilità, si è assegnato il compito agli operatori di settore di sviluppare forme adeguate di flexicurity e di offrire ai giovani più efficaci modalità di inserimento professionale, ad esempio attraverso l’apprendistato.



Ciò che invece riteniamo negativo è che i continui compromessi hanno condotto, da una parte, a una non completa realizzazione degli obiettivi dichiarati e, dall’altra, ad una mancanza di chiarezza nei messaggi, impedendo così di orientare tutti i soggetti implicati ad un corretto uso delle possibilità offerte dal Testo, in tutta la loro portata innovativa. È un po’ come trovare l’oro nel fango: i contenuti interessanti ci sono, ma risultano così ben nascosti che diventa necessario scavare alacremente per trovarli. Questa mancanza di determinazione ha fatto perdere alla Riforma molta della forza di coerenza necessaria per affermarsi con più vigore e incidere positivamente sin da subito.



Veniamo ora agli emendamenti, su cui si è raggiunto un accordo politico e che saranno approvati definitivamente a breve: come si inseriscono in tale contesto?

Per meglio comprenderne la portata possiamo innanzitutto suddividere in tre punti gli intenti principali delle proposte giunte in esame.

Apprendistato in somministrazione: su forte richiesta datoriale e delle Agenzie per il Lavoro è stata prevista la possibilità di assumere apprendisti in somministrazione a tempo indeterminato, eliminando le preesistenti limitazioni.

Allentamento e posticipo della stretta sui contratti a termine e degli altri strumenti di flessibilità in entrata: vengono ad esempio ritardati gli incrementi contributivi per il lavoro a progetto, diluito il calcolo del minimo retributivo per le Partite Iva e ridotti i termini per gli intervalli fra contratti a termine per le attività di tipo stagionale. Si affida, inoltre, l’intera disciplina degli intervalli alla regolazione della contrattazione collettiva di ogni livello.

Maggior progressività nell’introduzione del nuovo sistema di ammortizzatori: sono infatti riconosciuti anche per il 2014 i medesimi periodi di copertura dell’indennità di mobilità vigenti nel 2013 per le imprese del Mezzogiorno. Si tratta di uno slittamento dei termini per l’entrata in vigore dell’Aspi solo per quanto concerne la mobilità nelle aree svantaggiate.

Da un certo punto di vista questi emendamenti – e in particolare quello inerente l’apprendistato in somministrazione – correggono propiziamente precedenti disattenzioni. La Riforma si era proposta, infatti, di imprimere una forte spinta all’utilizzo dell’apprendistato, ma lo aveva tecnicamente imbrigliato: questo emendamento, invece, ne sancirebbe finalmente la piena possibilità di utilizzo e diffusione. D’altro canto, se esaminiamo gli effetti sulla direzione scelta dalla Riforma, possiamo dire che siamo in presenza di qualche segnale negativo, che fa retrocedere dalla via intrapresa. Tornare a rendere più praticabili le proroghe sui contratti a termine, calcolare il minimo retributivo delle Partite Iva su due anni invece che su uno, dilazionare gli incrementi contributivi dei lavori a progetto, non conduce ad un cambiamento – nella sostanza – della direzione della Riforma, ma contribuisce ad attutirne l’impatto positivo, senza peraltro creare benefici alternativi di medio-lungo termine.

Certo, riuscire ad individuare soluzioni non conflittuali ha la sua indubbia utilità, specie in frangenti quali quelli che stiamo attraversando. Resta però una grave perplessità: disponendo di un disegno forte, occorrerebbe il coraggio di sostenerlo interamente e di non cedere alla tentazione di indebolirne l’intima coerenza ed efficacia nel vano tentativo di dare un “contentino” ad ognuno. Nel caso del provvedimento sviluppato sulle pensioni, il ministro Fornero e il Governo avevano al contrario dimostrato – su temi se possibile ancor più sensibili e delicati – un livello di leadership ben più marcato. Un‘ultima perplessità, poi, riguarda il fatto che, in questo caso, la titubanza nella leadership ha finito per restare vittima dei particolarismi delle Parti Sociali, tanto che, ad un certo punto, si è avvertita la necessità di “tirare una riga”, in modo puramente lineare, per evitare di essere travolti dalle pressioni divergenti.

Ciò ha portato a stabilire un limite numerico agli emendamenti – ponendo maggior attenzione alla quantità che all’importanza degli stessi, secondo una logica meramente ripartitoria – e ha condotto così all’impossibilità di porre mano ad alcune correzioni tecniche che sarebbero risultate importantissime per rendere il Testo della Riforma più organico ed adeguato alle sfide che ci attendono. Da questo punto di vista non resta che augurarsi che, andando oltre gli isterismi della battaglia politica, si possano finalmente trovare gli spazi per quelle rifiniture che appaiono così evidentemente utili al Sistema e a tutti i soggetti coinvolti.

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