Alcuni giornali sembrano quasi entusiasti: crollano del 47% le nuove pensioni. In altri termini, le persone continuano a lavorare anche se diventano un po’ più vecchie, spostando più avanti il passaggio all’età pensionabile. In sintesi, di fronte a questi dati, il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, si dice convinto che “il sistema è in sicurezza”. Questo tipo di considerazioni indurrebbe a pensare che la signora ministro del Welfare, Elsa Fornero, abbia fatto una sorta di miracolo e nello stesso tempo che il super-Inps, che sta per nascere con l’incorporazione dell’Indap, sia messo a posto, sia in sicurezza con bilanci in equilibrio. Il quadro che disegna Walter Passerini, bravissimo giornalista, esperto in materia previdenziale e lavoro, è molto differente e, per molti aspetti, inquietante. Recentemente Passerini, insieme a Ignazio Marino, ha scritto e dato alle stampe un libro dal titolo emblematico che riguarda soprattutto i giovani: “Senza pensioni”. I suoi commenti sugli articoli che compaiono sui giornali sono piuttosto critici.



Qual è la vera situazione del nostro sistema previdenziale?

Il motivo del crollo delle pensioni si dice solamente tra le righe e induce a confusione per alcuni titoli un po’ trionfalistici. È vero che nel giro di un anno c’è un 47% di persone che sono rimaste al lavoro e quindi non prenderanno subito la pensione. Ma sarebbe meglio specificare per quale ragione. Su questo dato non incide affatto la riforma del 6 dicembre 2011 di Elsa Fornero e del “governo dei tecnici”. Il cosiddetto crollo delle pensioni è dovuto sostanzialmente alle precedenti riforme (il famoso “scalino”, gli “slittamenti delle finestre”) che erano state già approvate e soprattutto è dovuto alla crisi. In un momento come questo, con questi “chiari di luna”, qualsiasi persona tira avanti, continua a lavorare, anche se magari ha maturato l’età pensionabile, per qualche anno, perché in questo modo ha un reddito maggiore e cerca di accumulare altri contributi. Quando si vivono momenti di crisi le persone continuano a lavorare sino a 65 anni. Questa è la prima considerazione che va fatta.



E la “messa in sicurezza del sistema”?

Beh, qui siamo veramente di fronte a visioni di fantasia. Il super-Inps viene creato perché si deve mettere a posto la conduzione disastrosa dell’Indap, che avrà nel solo 2012 ben 5 miliardi di debito. Di quale “messa in sicurezza” parliamo di fronte a una simile cifra?

Tuttavia anche la riforma di Elsa Fornero e del “governo dei tecnici” provocherà ulteriori crolli di pensioni.

Credo che questo accadrà, ma il calcolo occorrerà farlo dopo il 6 dicembre, dopo un anno che è entrata in vigore la riforma. Ci sarà, ma il grosso del crollo delle pensioni, di cui stiamo parlando adesso, riguarda riforme e provvedimenti precedenti. Tuttavia, vorrei aggiungere, che anche un ulteriore prevedibile abbassamento di chi va in pensione non risolve i problemi del nostro sistema previdenziale.

Lei vede all’orizzonte una serie di grandi problemi. Ce li può riassumere brevemente?

Cercherò di essere sintetico. Innanzitutto abbiamo questo problema degli “esodati”, il cui numero è completamente fuori controllo. Noi avremo una spalmatura di questi esodati che arriverà sino al 2018 o addirittura al 2020. E saranno molti di più di quelli contemplati nei dati finora considerati. Si è parlato di 65mila persone più altre 55mila. Secondo i calcoli fatti da alcuni esperti, noi arriveremo a una cifra tra i 390mila e i 400mila. Tutto questo fa comprendere che la riforma è stata fatta in grande fretta. Poi c’è un secondo problema, che sembra non interessare nessuno stando a guardare il dibattito politico-economico e i giornali.

 

Quale?

 

Quello dei giovani. Con il metodo contributivo, il futuro dei giovani attuali sarà quello di andare in pensione, dopo anni di lavoro, con un assegno che corrisponderà grosso modo al 35-40% dello stipendio. Questo sarà il trattamento pensionistico che potrà corrispondere lo Stato. Il che fa pensare che noi stiamo praticamente crescendo un esercito di nuovi poveri per il futuro. E principalmente a questo che abbiamo pensato quando abbiamo parlato nel nostro libro di una “bomba previdenziale” che è già innescata.

 

Si può ovviare in parte a tutto questo?

 

Ci sono provvedimenti da prendere e da agevolare, anche fiscalmente. Il primo fatto dovrebbe mettere in atto una previdenza integrativa categoriale, cioè per categorie di lavoratori. Si tratta di affidarsi a fondi che non facciano speculazione, che non si imbottiscano magari di titoli tossici, che abbiano una rigorosa sorveglianza. Insomma, la creazione di fondi che vadano a integrare la scarsa pensione che può darti lo Stato a fine periodo lavorativo. Aggiungiamo un altro punto che dovrebbe essere messo a fuoco. Nel corso della sua carriera, un lavoratore dovrebbe essere ragguagliato periodicamente su quanti contributi ha versato e, in base a quei versamenti, dovrebbe avere una proiezione di quanto arriverà a prendere nel momento in cui andrà in pensione. Io la chiamo “busta arancione”, il presidente dell’Inps Mastrapasqua dice che sarà una busta bianca. L’unica cosa è che finora non è ancora arrivato nulla nelle case degli italiani che riguarda contemporaneamente i loro contributi e quello che potrebbero prendere a fine rapporto. 

 

Altri problemi ancora?

 

L’Inps e il super Inps. Non riesco a comprendere come si muova Mastrapasqua e neppure alcune dichiarazioni che fa. E poi il consiglio d’amministrazione, con trenta persone, che spesso dormono e si muovono poco. Non abbiamo proprio bisogno, in un momento come questo, di carrozzoni. Soprattutto di fronte a questa “bomba previdenziale” che può essere documentata da dati e da alcune proiezioni.
 

 

(Gianluigi Da Rold)