Le ultime dichiarazioni di Sergio Marchionne suonano minacciose. “Se le attuali capacità di assorbimento in Europa resteranno uguali nei prossimi 24-36 mesi, c’è uno stabilimento di troppo in Italia”, ha detto l’ad di Fiat e Chrsyler a margine della presentazione della nuova 500L. “Continueremo a confermare gli investimenti in Italia a seconda dell’andamento del mercato, che non è mai stato così basso – ha cercato di rassicurare Marchionne -. Se avremo qualche cosa da dire su Mirafiori la diremo, per ora continuiamo a confermare”. E ha annunciato che a breve la Fiat depositerà il ricorso contro la sentenza del Tribunale di Roma che ha condannato il Lingotto ad assumere 145 dipendenti iscritti alla Fiom nello stabilimento di Pomigliano, spiegando che “Se saremo costretti ad assumere le 145 persone, altre 145 saranno costrette a uscire”. IlSussidiario.net ha quindi chiesto un commento a Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim Cisl, che sta seguendo personalmente la vicenda: «Marchionne aveva già fatto simili dichiarazioni nell’ottobre dell’anno scorso ed è ovvio che sono parole che preoccupano molto. Come Fim-Cisl abbiamo sempre posto al centro l’occupazione e lo sviluppo degli stabilimenti, quindi saremo certamente fermi nel pretendere che Fiat faccia tutti i passi per metterli in sicurezza. Nello stesso tempo abbiamo già più volte evidenziato il fatto che in questo contesto di forte difficoltà si rende necessario un intervento del governo, che non può pensare che la politica industriale del Paese si esaurisca in questo modo. Abbiamo un importante comparto industriale come quello dell’auto a cui è collegata una forte presenza occupazionale che deve avere respiro e, senza cadere nell’assistenzialismo del passato, bisogna rilanciare un nuovo impegno».
Dopo l’accordo del gennaio 2011 tra Fiat e sindacati per il rilancio dello stabilimento di Mirafiori raggiunto a seguito del referendum e dopo le ultime dichiarazioni di Marchionne riguardo l’ipotesi di chiusura di uno stabilimento Fiat (che potrebbe essere proprio Mirafiori) vien naturale chiedersi se la Fim in qualche modo non abbia cambiato idea sull’intesa che invece Fiom e i Cobas avevano deciso di non firmare: «Voglio ribadire – spiega Uliano – che le scelte che abbiamo preso in passato sono le stesse che fanno tutte le organizzazioni sindacati in Europa. Le degenerazioni giudiziarie rischiano solamente di produrre una guerra con la proprietà che distoglie l’attenzione dai veri problemi». Il riferimento è ovviamente alla sentenza che condanna Fiat ad assumere 145 tesserati Fiom nello stabilimento di Pomigliano dopo il ricorso presentato dai lavoratori iscritti tra i metalmeccanici della Cgil. «C’è bisogno – continua Uliani – di riconsiderare l’azienda come bene comune e, come organizzazione sindacale, abbiamo tutto il diritto di pretendere che si faccia tutto il possibile per i lavoratori, cioè coloro che hanno costruito il futuro di questa azienda. Non si può pensare che un’azione giudiziaria diventi una strategia sindacale ed è proprio questo atteggiamento che critichiamo alla Fiom: gli accordi che sono stati approvati dalla maggioranza dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali devono essere gestiti e garantiti, altrimenti si rischia di entrare in una logica di guerriglia continua che non fa bene né all’azienda, né ai lavoratori».
Uliano ci spiega quindi che «verso la fine di luglio avremo un incontro con l’amministratore delegato ed è chiaro che oltre a tutte le azioni che quotidianamente portiamo avanti sarà un’occasione per confrontarci sulle prospettive future. Per quanto ci riguarda cercheremo in ogni modo di pretendere dall’azienda e dal governo ogni strada possibile per consentire la costruzione di diversi elementi di sviluppo, ma bisognerà necessariamente entrare in una logica di conservazione dell’occupazione utilizzando strumenti di questa natura: quindi no a mobilità o licenziamenti e sì a contratti di solidarietà».
(Claudio Perlini)