Peggio di così, per il pubblico impiego, non poteva andare. Vittorio Grilli, viceministro dell’Economia, incontrando ieri i rappresentanti degli enti locali e delle parti sociali, ha confermato le indiscrezioni sulla spending review. In sintesi, ecco dove si abbatterà la scure della revisione delle spesa: consulenze ridotte dell’80%; stop fino al 2016 alle assunzioni e ai concorsi per i dirigenti di prima fascia; buoni basto a 7 euro; divieto di monetizzare le ferie; e, soprattutto, riduzione del 10% dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e del 20% dei dirigenti, con accompagnamento alla pensione attraverso un assegno di mobilità – prorogabile per 4 anni – corrispondente all’80% della paga base, ossia circa il 60% del reddito netto. Si ipotizza che il provvedimento interesserà una platea che va dai 20mila ai 100mila lavoratori, ma i calcoli non sono ancora stati fatti. Inutile cercare di avere qualche informazione in più. IlSussidiario.net ha contattato Michele Gentile, coordinatore nazionale del dipartimento della Funzione pubblica della Cgil, e ha scoperto che neanche ai sindacalisti presenti all’incontro con il governo sono stati forniti dati più precisi rispetto a quelli forniti alla stampa. «Siamo stati convocati in una riunione dove non ci è stato neanche comunicato quale sarebbe stato il contenuto preciso del provvedimento. Ci hanno fornito elementi estremamente generici. Alla nostra richiesta di avviare un percorso di discussione e di approfondimento, ci è stato risposto che non è intenzione del governo procedere con la concertazione. E che solo venerdì, quando il decreto sarà varato, vedremo, assieme a tutti gli altri, in cosa consisterà. Il medesimo trattamento è stato riservato ai rappresentanti degli enti locali».
Se il giudizio sul metodo non può che essere negativo, cambia ben poco sul fronte del merito. «Altro che razionalizzazione delle spesa», commenta Gentile, «le misure del governo non sono nient’altro che i vecchi tagli lineari cui ci aveva abituato Tremonti. Nonostante gli sforzi per convincerci del contrario, si tratta delle classiche “potature”. Che, in quanto tali, agiscono sulle cose inutili ma anche su quelle utili. Con la differenza che con il taglio delle prime, si ha un’utilità, mentre con quello delle seconde si incide sui servizi». L’assenza di chiarezza riguarda, specialmente, la vita delle persone: «Oltre alla riduzione del 10% e del 20% degli organici – messa particolarmente, e giustamente, in risalto dai giornali -, c’è una questione meno notata ma altrettanto preoccupante. Esiste, infatti, un’ipotesi di manovra denominata genericamente “razionalizzazione delle agenzie degli enti locali”. Ora, poiché in ciascuna di queste agenzie lavora del personale, vorremo capire quali saranno gli effetti pratici sulla loro esistenza», chiosa il sindacalista.
Si prospettano altri licenziamenti, dunque: «Se queste agenzie sono esterne alla pubblica amministrazione a norma dell’articolo 97 della Costituzione e delle numerose sentenze della Corte Costituzionale, i loro dipendenti, ancorché svolgano funzioni assimilabili a quelle pubbliche, se non sono stati assunti con concorso non possono essere ricollocati all’interno degli organismi statali». Una svista del governo? «Si pone, effettivamente, un problema occupazionale che non credo che l’esecutivo abbia preso in considerazione. A meno che non intenda procedere con ulteriori licenziamenti e non ce l’abbia ancora comunicato».
La manovra, oltre a penalizzare i diretti interessati, rischia di inasprire ulteriormente la fase recessiva. «I tagli in questione ridurranno ulteriormente il potere d’acquisto dei lavoratori coinvolti, acuendo la stretta sui consumi. Inoltre, un’amministrazione pubblica più povera, con meno risorse, dipendenti penalizzati e tutt’altro che invogliati a dare il massimo, si traduce in meno servizi per i cittadini, per le imprese e per il Paese». Conclude Gentile: «Aspettiamo di leggere il testo del decreto legge. Se corrisponderà a quanto ci è stato detto (male) ieri, è chiaro che ci saranno scioperi».
(Paolo Nessi)