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Alla fine la Riforma del Lavoro è stata approvata, anche se un po’ frettolosamente e, come più volte evidenziato, senza raggiungere la necessaria organicità. Rimane, comunque, sul tavolo del Governo uno dei temi più importanti: quello dei servizi al lavoro. A nostro avviso, per consentire alle persone di sviluppare adeguati percorsi professionali, in grado di garantire nel tempo la necessaria impiegabilità, la collaborazione tra pubblico e privato nel settore dei servizi al lavoro deve essere riorganizzata e resa più efficace, superando definitivamente il “mito”, non più rispondente a realtà, del posto fisso.
Da dove partire? Esistono esempi funzionanti che possano costituire una traccia da percorrere? Siamo convinti di sì: quanto realizzato dalla Regione Lombardia in questi anni rappresenta certamente un’esperienza positiva, ricca di spunti e indicazioni utili e di portata “universale”. Innanzitutto il finanziamento diretto alla domanda di servizi,e non a un’offerta precostituita degli operatori, rivolgendosi direttamente alle persone, ha aumentato notevolmente efficacia ed efficienza delle risposte messe in campo, portando a una riduzione degli sprechi e a una maggior trasparenza dell’intero sistema.
Il rapporto pubblico-privato sviluppato dal modello Lombardia è attualmente il più avanzato d’Italia: al pubblico spettano la governance delle politiche del lavoro e l’orientamento degli operatori privati verso obiettivi considerati strategici e rilevanti; ai privati – e a quegli enti pubblici che si dimostreranno virtuosi – vengono invece affidati i servizi, secondo criteri selettivi per cui l’accreditamento avviene in base al miglior risultato ottenuto.
Altro punto di forza del “modello lombardo” è quello dei sistemi formativi. In quest’ottica, i percorsi triennali istituiti rappresentano un’eccellenza assoluta in campo nazionale, capace di imprimere una svolta in termini di efficacia. Va infine riconosciuto che nei servizi al lavoro la logica di attivare energie e risorse, distinguendo tra formazione e supporto alla ricollocazione, e di investire su quest’ultima in modo da poter incidere già nel breve sulla disoccupazione crescente, è risultata vincente. Da una parte gli operatori vengono premiati per il risultato ottenuto, dall’altra si sviluppano percorsi professionali nei quali le persone non vengono più avviate esclusivamente alla ricerca – spesso infruttuosa – di un posto da dipendente, ma vengono invece seguite in uno sviluppo di carriera più ampio e adeguato alle loro caratteristiche, oltre che alle esigenze del mercato.
Tutti principi, questi – visti in atto nell’esperienza lombarda – di cui fare tesoro, e che potremmo applicare a livello Nazionale per migliorare il nostro mercato del lavoro, introducendo logiche più moderne, innovative ed efficaci. Qualche passo ulteriore – avvertito come necessario nella stessa esperienza lombarda – potrebbe a nostro avviso condure però a un’ulteriore e importante evoluzione, che coinvolgerebbe auspicabilmente anche il livello nazionale. Riteniamo infatti che, in primo luogo, le linee strategiche inerenti i servizi al lavoro vadano dettate da chi opera su scala nazionale, e che vi sia una forte necessità di determinare adeguate politiche e sistemi di monitoraggio nazionali: perpetrare una situazione in cui Province e Regioni continuino a realizzare politiche di servizi al lavoro senza logiche coerenti tra loro è inefficace e inefficiente. Allo stesso tempo, però, la carenza di contenuti che il Governo ha mostrato di avere sul tema, tanto da demandare ad auspicabili tavoli futuri un lavoro approfondito, dimostra quanto ci sia bisogno di esperienze e tentativi positivi che fungano da riferimenti rispetto alle tradizionali modalità in uso, che si sono rivelate – nel loro approccio statalista e assistenzialista – perlopiù incapaci di fornire risposte adeguate e durature.
Quattro, secondo noi, i punti principali da seguire per un’adeguata evoluzione del mercato del lavoro.
Adottare accordi territoriali per sviluppare la Riforma, così da prestare maggiore attenzione a quelle che sono le reali esigenze di persone e aziende: al cittadino e alle imprese interessa la produzione efficiente di un risultato reale e non se il soggetto erogante è un ente pubblico o privato.
Sistematizzare i servizi al lavoro in modo chiaro e trasparente, ponendo le premesse per un’adeguata prevedibilità e continuità delle azioni, necessarie a chi investe per costruire valide ed efficaci risposte.
Lavorare con coraggio nell’utilizzo dell’apprendistato, favorendo le modalità formative maggiormente legate al mondo del lavoro.
Sviluppare politiche di orientamento che si avvalgano delle stesse logiche di premialità e accreditamento da riservarsi per le politiche del lavoro.
Da questo punto di vista ci auguriamo che la fase che si apre sia in grado, in tempi ragionevoli, di fare tesoro delle migliori esperienze già in atto, spingendosi persino oltre: la Regione Lombardia rappresenta in questo senso un modello assolutamente imprescindibile per un Governo che voglia affrontare e risolvere in modo adeguato il nodo cruciale dei servizi al lavoro nel nostro Paese.