Con il decreto legge sulla spending review, il Governo Monti ha imposto dei tagli alla Pubblica amministrazione italiana. A leggere il comunicato del Consiglio dei ministri, sono state confermate le indiscrezioni che parlavano di tagli importanti, nell’ordine del 20% dei dirigenti e del 10% del personale (fatti salvi alcuni determinati settori). Si tratta, a mio modo di vedere, di un passo in avanti, forse il primo vero e proprio, dall’insediamento del Governo tecnico, verso una riduzione del peso dello Stato. Resta il fatto che i partiti politici non sembrano così entusiasti su tali tagli dei dipendenti pubblici e i sindacati lo sono ancora meno.



Vi sono ragioni per le quali è necessario un tale intervento? L’Italia ha il secondo debito pubblico sul Prodotto interno lordo all’interno dell’Unione europea, con un tasso che supera il 120%. È vero che il Paese potrebbe conoscere un avanzo primario, ma senza una crescita dell’economia questo serve a ben poco. E l’economia potrebbe quest’anno conoscere una recessione seconda solo a quella del 2009. Confindustria parla di una caduta del Pil del 2,4%, ma anche le stime del Fondo monetario internazionale si aggirano su una decrescita di due punti percentuali. Un altro dato che conferma la necessità della riduzione della “macchina statale” è il peso dello Stato in economia. Il tasso di tassazione reale, vale a dire quello su chi paga le tasse tenendo in considerazione che nelle statistiche del Pil è inclusa anche l’economia in nero, è ormai superiore al 55%. Oltre sei euro su dieci sono invece intermediati dallo Stato, poiché la spesa pubblica reale è ormai intorno al 60%.



Questi dati non sono abbastanza? Bisogna allora ricordare allora che nell’ultimo decennio è evidente (anche nel grafico sottostante) come il settore pubblico abbia beneficiato di incrementi nella retribuzione lorda molto superiori a quelli del settore privato. Chiaramente i dati sono una media e andrebbe fatta una differenziazione tra i diversi contratti esistenti all’interno della Pubblica amministrazione. L’incremento tra il 2000 e il 2005 è stato impressionante, tenendo in considerazione che l’inflazione nello stesso periodo è stata nell’ordine del 2% annuo.

Anche il blocco dei salari decisi negli ultimi anni da parte dei differenti Governi, ha avuto un impatto limitato sulle retribuzione lorde dei dipendenti pubblici, dato che tra il 2005 e il 2010 si è avuto un incremento superiore a quello del mondo privato. I sindacati hanno poco da difendere i posti pubblici, perché sono stati proprio loro a contrattare per avere degli aumenti di stipendio che sono una concausa della situazione economica tragica in cui versa l’Italia.



Il taglio dei dipendenti pubblici è la soluzione ottimale, ma sarà ben difficile che questa possa passare attraverso le “forche caudine” parlamentari. Vi sarebbe la soluzione di una riduzione dei salari dei dipendenti pubblici, come quella attuata poco prima delle elezioni da Zapatero, ex Premier spagnolo socialista. In quel caso il taglio dei salari raggiunse il 10% degli stipendi pubblici.

I salari pubblici sono già bassi? Il problema è semmai che i salari netti italiani sono bassi sia per un cuneo fiscale troppo elevato che per una produttività troppo bassa. La proposta Monti è audace, ma le resistenze potrebbero essere tali da fermare il Governo, come è successo nel caso del pacchetto liberalizzazioni.

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