La questione delle pensioni, risolta dalla legge Fornero, con il capitolo problematico degli “esodati”, la cui stima ancora incerta, fa sempre discutere in Parlamento, all’interno della maggioranza e all’interno degli stessi partiti. Si parla in realtà di una correzione di errori, sia sulla riforma delle pensioni che sulla riforma del lavoro, entrambe firmate dal ministro del Welfare, Elsa Fornero. Non è improbabile che tutta questa vicenda si trascini anche nella campagna elettorale dell’anno prossimo. Pochi giorni fa è passato un ordine del giorno alla Camera proposto dall’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano del Pd. L’ordine del giorno prevede un’ulteriore ampliamento della platea degli “esodati” da salvaguardare. Ma si introduce anche un nuovo canale di pensionamento che ricreerebbe la possibilità di andare in pensione a 58 anni. Tutto questo metterebbe in difficoltà non solo il governo, ma anche gli obiettivi di bilancio, perché bisognerebbe reperire 5 miliardi. Contro questa scelta c’è stata una controproposta portata da altri esponenti del Partito democratico, tra cui il senatore Pietro Ichino e il senatore Enrico Morando.
Ichino aveva subito espresso la sua opinione dicendo: “Si può tornare sulla riforma delle pensioni, ma non per depotenziare la legge Fornero, bensì per completarla con opportunità aggiuntive di lavoro”. Su questa linea si mette anche il senatore Enrico Morando. L’obiettivo è quello di aumentare l’occupabilità anche tra quei lavoratori in difficoltà come gli “esodati”, cioè quelli che per effetto della riforma vanno incontro a un periodo della vita senza stipendio e senza pensione. “Questo è l’obiettivo. Non si può rimmettere in discussione l’impianto della legge Fornero, ma bisogna senza alcun dubbio affrontare il problema sociale degli “esodati”. Questo deve essere affrontato come un problema sociale, non da mettere sul conto della previdenza”.
Come intendete affrontare questo problema?
Ci sono alcune possibilità. In primo luogo bisogna incentivare l’assunzione degli “esodati”, cercare di trovargli un lavoro, con delle agevolazioni fiscali per le imprese. In altri termini le aziende che assumessero gli “esodati” avrebbero l’esenzione totale della contribuzione e l’allungamento del periodo di prova a un anno. Occorre considerare che tra molti “esodati” ci sono molte persone che vogliono lavorare e che, anche per età, sono in grado di svolgere un ottimo lavoro. Nell’incentivare l’occupabilità delle persone, degli “esodati” in questo caso, si tiene sempre conto, in base al reddito di queste persone, della possibilità di ricorrere all’Aspi, cioè al pagamento della nuova indennità di disoccupazione.
Questo non comporterebbe la necessità di una nuova ricerca di copertura finanziaria?
In questo caso riusciremmo a far fronte in modo realistico. Il professor Francesco Giavazzi ha studiato la possibilità di recuperare una decina di miliardi sugli incentivi alle imprese. In questo caso si potrebbero agevolare le imprese in altro modo, eliminando quella spesa. E’ più realistico, più credibile il recupero di questa copertura rispetto al recupero di cinque miliardi con una tassazione maggiore sui giochi. Quest’ultima è una stima non credibile.
Scusi senatore Morando, esiste al momento un calcolo più preciso degli “esodati”?
C’è stato il primo blocco di 66 mila, a cui se ne sono aggiunti altri 55mila. Nei calcoli che abbiamo fatto se ne aggiungeranno, nei prossimi tre anni, altri 150 mila. È un problema sociale da affrontare in modo efficiente e realistico senza mettere in discussione l’impianto della legge Fornero, che poi era stato cominciato dalla riforma Dini nel 1994. Avere già il paracadute dell’Aspi, cercare di rimettere nel lavoro migliaia di persone agevolando le imprese, è una scelta che sembra realizzabile e non comporta uno stravolgimento della legge.
(Gianluigi Da Rold)