Sono i giovani il tema dominante delle affermazioni di oggi del ministro del Lavoro Elsa Fornero. I giovani e, ovviamente, il lavoro; la titolare del welfare ha fatto sapere che è giunto il momento di ritrovare la fiducia nel futuro e di costruire, finalmente, una prospettiva. A breve, quindi, giungerà dal governo un piano-giovani. Niente di eclatante, ha fatto sapere il ministro. Ma una serie di misure territoriali, dirette ed efficaci capaci di sortire nel più breve tempo possibile effetti concreti. In seguito, sarà necessario abbassare l’imposizione fiscale sul lavoro; una sfida enorme, la prima del suo dicastero sulla quale, ha promesso, intende metterci la faccia e farne la propria battaglia. Il merito, infine: si tratta – ha detto la Fornero al Meeting di Rimini – della chiave di volta per rilanciare la crescita; senza la quale non è pensabile riattivare dinamiche positive nel mercato occupazionale. La pensa così anche Nicolò Boggian, direttore generale del Forum della democrazia. Che, interpellato da ilSussidiario.net, spiega perché, effettivamente, l’introduzione di criteri meritocratici rappresenti la precondizione per dar fiato all’economia. «Il primo motivo è facilmente intuibile: un’azienda che premia i migliori è più efficiente perché i suoi dipendenti sono incentivati a fare di più, a lavorare meglio, a raggiungere obiettivi sempre più alti». C’è un secondo motivo, meno intuibile e relativo alle connotazioni intrinseche del sistema produttivo considerato nell’insieme dei suoi fattori: «Premiare il merito significherebbe privilegiare tale criterio rispetto ad altre considerazioni che, spesso, vengono tenute maggiormente in conto dal mercato occupazionale, quali la provenienza geografica o familiare, l’estrazione sociale o l’appartenenza partitica o confessionale».
In Italia, come è noto, hanno sempre prevalso, a livello generale, questi ultimi parametri rispetto a quello prospettato dalla Fornero. L’arretratezza, pur con notevoli distinzioni e preservando la dovute distinzioni, riguarda entrambi i macrosettori del lavoro: il pubblico e il privato. «Nel primo caso, esistono veri e propri vincoli burocratici che impediscono l’emersione del merito. Basti pensare che il contratto pubblico, per come è strutturato, non consente di erogare incentivi a seconda della produttività. Differenziare in tal senso la retribuzione continua a essere percepito come profonda discriminazione. Nel secondo, invece, ci troviamo di fronte al consolidamento di prassi scorrette». In ogni caso, le parole del ministro fanno sorgere una domanda immediata: finora, cos’ha fatto il governo per favorire il merito? Secondo Boggian, il fatto stesso che i componenti della compagine tecnica siano stati scelti in virtù dei propri curriculum accademici o istituzionali, e non siano stati semplicemente cooptati dalla politica a prescindere dalle proprie qualifiche, è un segnale positivo che lascia, quantomeno, ben sperare.
Questo, ovviamente, non è sufficiente. Resta ancora tanto da fare, praticamente tutto: «Su tre fronti, in particolare. E’ necessario, anzitutto, mettere le università in competizione tra di loro e introdurre la valutazione dei docenti; metter mano alla Pubblica amministrazione eliminando pratiche arcaiche quali l’uso della Gazzetta ufficiale, delle marche da bollo, o trasformando radicalmente la struttura dei concorsi pubblici; occorre, infine, che nel mercato del lavoro si cambi la mentalità: non si può continuare a difendere esclusivamente il posto di lavoro, ma creare le condizioni affinché se ne creino di nuovi».
(Paolo Nessi)