“L’abbraccerei per quello che ha detto sulle tasse”, sbotta Raffaele Bonanni, Segretario generale della Cisl, e allude alle dichiarazioni rese al mattino, a Radio Anch’io, dal ministro del Lavoro Elsa Fornero che, seduta accanto a lui sul palco della Sala A3 di Rimini – piena ma non gremita – si schermisce sorridendo: aveva semplicemente ribadito che oggi in Italia, sul costo del lavoro, grava un cuneo fiscale pesantissimo, da ridurre appena possibile. Sante, anche se ovvie, parole. Ma le simpatie restano tra i due, Elsa e Raffaele. Perchè all’incontro su “Crescita e lavoro” il sindacalista col pizzetto “buca”, soprattutto quando rivendica la sostanziale unità dei cattolici, l’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti riscuote l’applauso che si deve alle persone serie, il conduttore Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, svolge egregiamente il suo ruolo di snodo, ma la ministro, no: lei non trasmette emozioni alla platea. Che la saluta con un applauso educato, una decina di secondi, ma non l’interrompe, non si compiace, non vibra. “E’ meglio quando chiagne (piange, ndr)”, chiosava ironico in sala un ciellino napoletano.



Persona seria, e in buona fede, la Fornero: ma incastrata dal suo carattere e anche dalla sua stessa fisionomia – oltre che dalla sua parlata anglo-sabauda e ultraprofessorale – a un ruolo di “secchiona di Stato”, che mal s’attaglia a un tema, quello della crisi occupazionale, e a un pubblico, quello dei giovani assiepati nelle sale del Meeting, che meritano verità, certo, ma anche visioni e prospettive di lungo termine. Il paradosso è che proprio la Fornero è stata l’autrice delle due riforme di gran lunga più importanti e socialmente rilevanti fatte finora dal governo Monti: quella delle pensioni e quella del lavoro.



Le pensioni, brutalizzate rispetto a un assetto già riformato, ma ancora sbilanciato, dovevano essere cambiate per diventare sostenibili, ma la Fornero ha tentato – sbagliando in buona fede – di evidenziare un’implicazione positiva della riforma pensionistica che, trattenendo più a lungo i lavoratori in servizio, cessa di scaricarne il costo previdenziale sulle generazioni successive; vero, ma è pur vero che intanto il turn-over cui eravano abituati, con i sessantenni che liberavano i loro posti per i giovani, si dilaziona nel tempo.

Ma è l’altra riforma quella per la quale la Fornero è stata messa in croce un po’ da tutti, salvo che da Bonanni: quella del lavoro, dove effettivamente – e la Confidustria non gliel’ha perdonato – le misure introdotte per arginare l’abuso della flessibilità che scade nella precarizzazione a vita dei rapporti di dipendenza sono di gran lunga più significative di quelle richieste dalle imprese, che volevano invece poter flessibilizzare ulteriormente i rapporti di lavoro.



In realtà la Fornero, nella sua “anti-italianità”, è intervenuta correttamente a raddrizzare un sistema distorto, dove però sindacato e imprese avevano trovato un modus vivendi: il sindacato, rassegnandosi a quest’abuso di precariato che tuttavia era un modo con il quale il ”sistema” distribuiva reddito; le imprese, rinunciando alla facoltà di licenziamenti, ma prendendosi tutta la facoltà (di fatto, se non di diritto) di non assumere più i giovani in pianta stabile se non al termine di una trafila interminabile di contratti e contrattini sottopagati. La Fornero ha cercato in buona fede di sanare la situazione, e ha scontentato tutti.

Poi la ministra ha volato alto nei cieli a lei cari: quello delle pari opportunità, sottolineando come il “capitale umano” femminile sia gravemente sottutilizzato e ipotizzando una norma premiale per le imprese che, compilando un “bilancio umano”, dimostrino comportamenti virtuosi nella gestione delle loro risorse, appunto umane. Infine, uno scampolo di notizia: una lettera firmata congiuntamente da lei con la collega tedesca per chiedere all’Unione europea misure che agevolino lo scambio di lavoratori tra Paesi occupazionalmente in deficit, come la Germania, e Paesi eccedentari, come l’Italia, un’iniziativa che – ha detto – hanno in programma di lanciare da Napoli: per la serie “ripartono i bastimenti”, si torna a parlare, e addirittura agevolare, l’emigrazione infraeuropea.

Anche su questo la professoressa Fornero ha ragione. Ha ragione a dire che nell’era della globalizzazione è doveroso essere disposti a muoversi e ha ragione nel chiedere all’Europa di agevolare i giovani che accettano di farlo. Ma sono altrettante ragioni che non parlano al cuore ma alla testa, soprattutto quando una le espone col tono di chi sta sempre per mettere a tutti una brutta nota sul registro.

Ah, per completezza: nella breve conferenza stampa finale, la Fornero ha fatto sapere che non intende candidarsi alle prossime elezioni e che l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, con cui aveva preannunciato che si sarebbe incontrata entro agosto, non le ha ancora fissato la data. Che gentiluomo. 

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