Non è la prima volta che l’Italia dei Valori appoggia un referendum. Anzi, sembra quasi che ne possa fare uno strumento di lotta politica, quasi soppiantando un vezzo un tempo tipicamente radicale. Oggi, assieme a Sel, i Verdi, Rifondazione Comunista, il Pdci, la Fiom e alcuni giuristi, ha depositato due quesiti in Cassazione. Uno per il ripristino del precedente articolo 18 e un altro per l’abolizione dell’articolo 8 della precedente finanziaria, quello che, in certe situazione, per alcune aziende, introduce la facoltà della contrattazione decentrata in deroga ai contratti nazionali. Giuliana Carlino, senatrice dell’Idv, nonché relatrice di minoranza della riforma Fornero, illustra a ilsussidiario.net la ratio dell’azione politica del suo partito.
Perché volte ripristinare il precedente regime lavorativo?
Siamo convinti che questa riforma comporterà licenziamenti più facili e maggiore precarietà. Elsa Fornero, nel corso della discussione in Aula, prima dell’approvazione della legge, ci aveva assicurato che il provvedimento avrebbe attirato gli investimenti stranieri in Italia, rendendo il nostro contesto appetibile per le imprese degli altri Paesi. Non era di certo, quindi, questa la riforma di cui avevamo bisogno.
Di cos’abbiamo bisogno, allora?
Anzitutto, di diminuire il costo del lavoro che, in Italia, viaggia a livelli tra i più alti di tutto il mondo; occorre, inoltre, snellire e semplificare l’intero apparato burocratico, eliminare tante norme, vincoli e lacci inutili e farraginosi per le aziende; infine, sarà necessario adoperarsi per estirpare il primo fattore in assoluto che frena gli investitori stranieri: la corruzione. Da tutti questi punti di vista, il governo non ha fatto nulla. Nonostante la priorità assoluta, oggi, sia il lavoro. A cui è profondamene legato il problema della crescita.
Eppure, è stata l’Europa a sollecitare una riforma del mercato del lavoro. Non crede che, ora che è stata fatta, chiedere di abolirla possa rivelarsi controproducente?
No. Perché, inizialmente, si era affermato che il provvedimento sarebbe stato realizzato sulla falsariga del modello occupazionale tedesco. Un’ipotesi che aveva trovato l’approvazione delle istituzioni europee. Ma alla prova dei fatti, la riforma della Fornero ha rivelato di non avere assolutamente nulla di tedesco. Non credo proprio che l’Europa, quindi, possa condividere la riforma, così come è stata scritta. Anzi: nei suoi principi, non potrà che essere, prima o poi, contestata.
Perché?
Perché con questa legge si sono aboliti dei diritti precedentemente acquisiti. Il che, in qualunque stato democratico, viene considerato del tutto inaccettabile. D’altro canto la Fornero non ha fatto altro che portare a compimento un processo cui ha dato vita il governo Berlusconi, abolendo una serie di diritti in materia di sicurezza sul lavoro, stabilità e regolamentazione contributiva. Speriamo, quindi, che il prossimo governo sia di centrosinistra e che ponga rimedio alla situazione.
Potrebbe metter mano anche alla riforma delle pensioni?
C’è da sperarlo. Siamo l’unico Paese in Europa che ha aumentato in maniera così drastica l’età pensionabile eliminando, contestualmente, le compensazioni che venivano concesse alle donne per poter conciliare la propria vita lavorativa con quella familiare. Su questi temi, con il centrosinistra siano in piena sintonia e siamo convinti che sia possibile governare insieme.
(Paolo Nessi)