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Semplificare gli strumenti a disposizione, ridurre le forme contrattuali spurie – grandemente diffuse – e dare spazio a nuove e più adeguate modalità di “flexicurity”: questi i principali obiettivi da cui ha preso le mosse la Riforma del lavoro. Ma la domanda ricorrente, nelle interminabili discussioni che hanno preceduto il varo definitivo, era: di quali strumenti ci si può avvalere a questo fine? Anzitutto del supporto delle Agenzie per il lavoro (Apl), considerate, pressoché all’unanimità, come le uniche realtà in grado – grazie al contratto di somministrazione – di combinare la flessibilità richiesta dalle aziende con la domanda di continuità professionale e di redditività, giustamente invocata dalle persone.
Per queste ragioni le Agenzie per il lavoro erano state indicate da tutti come “i nuovi protagonisti” del mercato del lavoro, capaci di garantire, anche contrattualmente, le modalità più idonee affinché la necessaria flessibilità non si traducesse, di fatto, in forme di precarizzazione del lavoro con effetti devastanti.
La scelta di seguire una logica concertativa, purtroppo non adeguatamente governata, ha però sortito l’esito di confondere eccessivamente i “messaggi forti” che erano stati posti in premessa all’intera Riforma; primo fra tutti il tentativo di indicare, con decisione, quali fossero gli strumenti privilegiati per una migliore gestione della flessibilità.
Ciò nonostante, anche un’attenta lettura delle nuove norme indica chiaramente nella somministrazione lo strumento più adeguato allo scopo.
Infatti: per riattivare immediatamente un contratto a tempo determinato è previsto per la somministrazione lo stop & go, non applicabile invece nel caso di contratti direttamente stipulati tra azienda e lavoratore; procedure contrattuali semplificate consentono la acausalità non solo nel primo contratto di somministrazione, ma anche nel caso di accordi di secondo livello; attraverso il contratto di somministrazione si può conferire continuità nel tempo a un rapporto di lavoro flessibile anche oltre i 36 mesidi utilizzo; il contributo aggiuntivo per l’Aspi non grava sui contratti di somministrazione; si possono assumere apprendisti anche tramite le Agenzie per il lavoro, in staff leasing, in tutti i settori produttivi.
Ciò detto, potrebbe sorgere nelle imprese il timore di trovarsi, in un periodo di forte crisi economica, con un “set” di strumenti più rigidi di prima; così come risulta altrettanto comprensibile la preoccupazione dei sindacati di assistere non solo alla crescita della disoccupazione ma anche alla precarizzazione – nel presente e in prospettiva – del percorso lavorativo. Ma è proprio per questo che bisogna avere il coraggio di puntare decisamente su una soluzione! Senza lasciare spazio a rivoli di flessibilità spuria o a irrigidimenti inopportuni. Occorre, quindi, incentivare decisamente lo strumento della somministrazione, unico in grado di garantire davvero flessibilità a costi adeguati per le imprese con sicurezza e continuità per i lavoratori.
In forza di questo ragionamento, emerge come assolutamente auspicabile che nel piano di crescita che il Governo sta predisponendo vengano inseriti interventi come: 1) l’eliminazione della causale per tutti i contratti in regime di somministrazione; semplificazione che si rivelerebbe utilissima non solo in chiave di liberalizzazione, ma anche dal punto di vista economico (essendo non solo a costo zero, ma altresì in grado di eliminare costi inutili); 2) la chiara indicazione della non applicabilità dei 36 mesi laddove siano le Apl a farsi carico della stabilizzazione del lavoratore, rimuovendo definitivamente il dubbio che il lavoratore assunto a tempo indeterminato da un’Agenzia sia da considerarsi precario per il solo fatto di essere gestito da una terza parte; 3) la cancellazione del contributo dell’1,4% per l’Aspi nei contratti di somministrazione a tempo determinato, restituendo così l’intero ammontare del 4% a favore dei progetti di politica attiva gestiti da Formatemp.
Ci sono frangenti in cui tenere il piede in troppe scarpe per mettere tutti d’accordo diventa quanto mai inopportuno. È il momento, anche per il mercato del lavoro, di compiere scelte forti e di avere il coraggio di sostenerle.