Ieri il Premier Mario Monti, intervenendo in teleconferenza al XXVI Convegno della Società Italiana di Scienza Politica all’Università Roma Tre, ha detto che “certe disposizioni dello Statuto dei lavoratori ispirate all’intento nobile di difendere i lavoratori hanno determinato insufficiente creazione di posti di lavoro”. È arrivata poco dopo la risposta di Susanna Camusso, leader della Cgil: “Questo Governo non ha idea su cosa fare per lo sviluppo e la crescita, pare che abbia esaurito qualunque spinta propulsiva”.
L’uscita del Premier, a poche ore da una proposta di “patto” con le Parti sociali, non sembra per niente casuale. Innanzitutto: cosa significano le parole di Mario Monti? Crediamo che, ancora una volta, si stia parlando di articolo 18, di quelle tutele che, nell’odierna economia, rendono rigido il mercato, ovvero spaventano le imprese e quindi, di fatto, non ne favoriscono lo sviluppo. È noto l’ampio numero di imprese che, ancor oggi, in Italia volutamente non superano il tetto dei 15 dipendenti per non entrare in regime di tutela reale, ovvero in quel regime che prevede, in caso di contenzioso col lavoratore, l’applicazione appunto dell’articolo 18.
La dichiarazione del Premier, a poco più di un mese dall’entrata in vigore della Riforma Fornero, dimostra ancora una volta come l’intervento parlamentare sul testo originario di riforma non abbia soddisfatto l’esecutivo, configurandosi più come compromesso politico che quale effettivo intervento di razionalizzazione della materia.
Sebbene, infatti, lo stesso originario impianto del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro non prevedesse il capovolgimento delle tutele previste in caso di licenziamento illegittimo, anch’esso convalidando l’idea più culturale che tecnica che la tutela reale rappresenti l’unico rimedio contro il licenziamento illegittimo – e ciò ancor più se considerato che nella prassi rarissimi erano i casi in cui il lavoratore illegittimamente licenziato optava per la reintegra, propendendo quest’ultimo per la richiesta di tutela risarcitoria -, invero l’intervento parlamentare sul testo ha ulteriormente ridotto quelle (già limitate alla discrezionalità giudiziale) di flessibilità in uscita dalla stessa previste; non raggiungendo così la (auspicata) sostituzione in toto della tutela conservativa con quella risarcitoria.
In tal modo, all’intervento di riduzione della flessibilità in entrata, che vede ridotti i contratti utilizzabili dai datori di lavoro per prestazioni flessibili ovvero prevede onerose presunzioni legali per le fattispecie autonome o parasubordinate riconducibili all’alveo della subordinazione, non è conseguita la (sperata) flessibilità in uscita.
Ecco allora che lo stesso licenziamento per giustificato motivo oggettivo, fin dalle origini della riforma il tema più controverso e discusso, vede rientrare dalla finestra ciò che sembrava essere uscito dalla porta: unitamente a nuove ipotesi di reintegra, qualora il licenziamento per motivo oggettivo sarà valutato “manifestatamente infondato” dal Giudice, pare non senza problemi e incertezze interpretative, anche il licenziamento per inidoneità fisica e psichica viene espressamente sanzionato con la reintegra sebbene formalmente riconducibile al giustificato motivo oggettivo.
Nonostante le criticità accennate, va invero altresì rammentato che elemento di certa utilità previsto dalla recente riforma è rappresentato dalla limitazione, espressamente prevista, delle conseguenze indennitarie del licenziamento illegittimo, spesso connesse alla lungaggine dei procedimenti giudiziali, e ora individuate dal legislatore in minimali e massimali che, sebbene ancora soggetti alla discrezionale (benché motivata) valutazione giudiziale, possono consentire ai datori di lavoro l’individuazione di un massimale di rischio utile anche in fase transattiva.
Detto questo, proprio alla luce delle parole del Premier, è evidente non solamente quanto la Riforma Fornero non abbia soddisfatto in pieno l’esecutivo, ma anche, conseguentemente e in vista di un nuovo iter concertativo per la crescita, quanto Monti stia iniziando a rendere più solida la posizione del suo governo, forse in precedenza un po’ debole, anche per l’inesperienza dei tecnici prestati alla politica.
Certo è che qualche rigidità di troppo forse è stata introdotta dalla stessa Riforma.