Fatti i dovuti aggiustamenti di bilancio, placata la tempesta speculativa e messa una pezza allo spread – grazie, soprattutto, all’intervento della Bce – restano i problemi dell’economia reale a cui la crisi, di natura inizialmente finanziaria, si è estesa. Non ci sono molte alternative: siamo in recessione e, finché non si invertirà la tendenza, i livelli occupazionali e il potere d’acquisto delle famiglie resteranno ai minimi storici. Quindi, occorre aumentare la produttività. Detto in altri termini, si deve aumentare il Pil. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, si è detto convinto che, in tal senso, esistano i margini d’azione per trovare un’intesa con le parti sociali. Dopo aver già incontrato la Camusso (Cgil), si vedrà a breve con Angeletti (Uil) e Bonanni (Cisl). Il suo intento è quello di trovare un accordo entro il 18 ottobre, quando Monti si recherà in Europa per presentare il piano per i successivi tre mesi. Abbiamo chiesto proprio a Luigi Angeletti di spiegarci se e quali spazi di azione effettivamente sussistano.
Anzitutto, condivide l’idea di Squinzi secondo cui il rilancio della produttività sia la priorità?
Che la scarsa produttività sia il problema principale del nostro Paese lo sosteniamo da diverso tempo. Addirittura, nel primo incontro avuto con il governo, quando ancora non aveva ottenuto la fiducia, gli sottoponemmo la questione. Gli facemmo presente che i redditi erano bassi e che il problema del debito avremmo dovuto risolverlo aumentando il Pil.
Come è andata a finire?
Come tutti possono facilmente constatare, è un anno che, in merito alla questione, il governo sta facendo orecchie da mercante. Non è un caso che siamo in recessione. Non solo. Oltre a non darci ascolto, si è mosso nella direzione opposta. Ostacolando in tutti i modi il recupero della produttività delle imprese.
Come?
Per esempio, eliminando, parzialmente, la detassazione sul premio di produttività dei dipendenti introdotta dal governo precedente.
Eppure, anche Monti, adesso, sta ponendo l’accento sul rilancio della produttività
Lo sta facendo alla fine del suo mandato. E lo ha fatto chiedendo ai sindacati di fare la loro parte. Come se non l’avessimo già fatta. L’impressione è che intenda scaricarci il barile per distogliere l’attenzione dalle responsabilità del governo e dalle misure che dovrebbe assumere.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Anzitutto, evitare di far cadere il Paese in questa lunga recessione. E accogliere i nostri appelli.
Quali?
Da tempo ribadiamo che occorre diminuire le tasse, consentendo all’aziende di scambiare una maggiore produttività con aumento salariale; è necessario, inoltre, tagliare la spesa pubblica e renderla più efficiente, e far sì che i soldi stanziati per le opere pubbliche siano effettivamente utilizzati.
Squinzi è convinto che con i sindacati, entro il 18 ottobre, si giungerà ad un accordo. Da parte vostra, quali crede che siano i margini d’azione con Confindustria?
Beh, che ci siano degli spazi d’azione tra noi e le imprese, mi pare evidente. Vorrei ricordare, anzitutto, che quanto si è fatto in questo Paese sul fronte della produttività è merito delle parti sociali e della stipula degli accordi contrattuali. Detto questo, se aumentare gli orari di lavoro significherà aumentare i salari, non credo che l’ipotesi troverà il sindacato ostile.
Al di là di questo, su quali punti crede che troverete l’accordo?
Chiederemo a Confindustria se condivide le suddette proposte sinora avanzate da noi al governo; in caso affermativo, ci potremo presentare uniti di fronte all’esecutivo, per rilanciarle.
Squinzi si è anche detto convinto che sia necessario aumentare la specializzazione e il tasso di innovazione
Ovviamente, non possiamo che essere d’accordo.
Qual è il settore che soffre maggiormente di scarsa produttività?
Sicuramente quello dei servizi, che occupa qualcosa come dieci milioni di persone. Sia quelli pubblici che quelli privati. Per il semplice fatto che gran parte di essi non sono soggetti alle regole della concorrenza. Per intenderci: ha mai visto studi di avvocati italiani convocati da multinazionali estere per l’eccellenza del loro lavoro? Anche qui, un’adeguata detassazione in cambio di aumenti salariali legati alla produttività incentiverebbe a fare di più e a fare meglio
Se voi troverete un accordo con Confindustria sulla produttività, come farete, a quel punto, con Fiat, che non fa più parte di Confindustria? Farete un accordo separato?
Beh, mi pare che il problema non si ponga. A parte il fatto che accordi del genere, con il Lingotto, ne abbiamo già fatti e l’azienda non li ha mai definiti insufficienti, le ricordo che i suoi problemi sono, casomai, di sovraproduttività. Non ha di certo problemi di turni o di orari.
(Paolo Nessi)