Il Ministro Barca ha presentato le linee guida relative a metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-20. Il documento, frutto di un processo condiviso con le Regioni iniziato nel giugno 2012, rappresenta un importante primo passo per il confronto sulle bozze di Accordo e di Programmi da sottoporre all’Europa alla luce delle novità delle indicazioni per la nuova programmazione del sessennio 2014-2020 e alle sfide di Europa 2020.
Il documento parte da una riflessione, per molti aspetti amara, di come siano state utilizzate queste risorse negli scorsi anni e le debolezze progettuali manifestatesi rispetto alle innovazioni, anche metodologiche, previste per il futuro. Non sarà, quindi, più possibile individuare obiettivi general generici. Ad esempio, invece di un’espressione quale “rafforzare il sistema dell’istruzione”, si dovrà, più nel dettaglio, parlare di “incremento delle competenze degli studenti in matematica” o di “incremento del numero di studenti che completano il ciclo di istruzione dell’obbligo”.
Si assume poi il partenariato come elemento centrale della nuova progettualità, ampliando la definizione di partners a tutti quei soggetti che, in maniera anche diversificata, sono potenzialmente influenzati dalle azioni e dagli interventi delineati o che possono apportare conoscenze e competenze specifiche alla progettualità.
Si ritiene, inoltre, necessario sviluppare un sistema di monitoraggio per progetto che implementi quelli già operativi. Tale sistema, infatti, rappresenterà uno degli strumenti in grado di dare risposte, sia ai decisori politici che ai cittadini, rispetto a quanto le azioni adottate abbiano effettivamente avuto effetti sulla qualità della vita delle persone e sulle opportunità di sviluppo per le imprese.
Il documento propone, quindi, tre opzioni strategiche per l’impiego dei fondi, anche sulla base di quanto sta emergendo dal dibattito europeo e nazionale: Mezzogiorno, città e zone interne. Il Mezzogiorno, in particolare, viene accusato di caratterizzarsi per due deficit essenziali: un deficit di cittadinanza e un deficit di attività produttiva privata.
In questa prospettiva si propone, quindi, di concentrare le risorse a sostegno dell’inclusione sociale e della tutela dei diritti di cittadinanza e, complementariamente, a mantenere e sviluppare una base produttiva moderna agendo, tuttavia, in modo molto selettivo sui territori. Le città “intelligenti” sono individuate, quindi, come i luoghi più adatti a promuovere innovazione produttiva e sociale.
La ridefinizione e la modernizzazione dei servizi urbani per tutti i residenti e gli utilizzatori delle città possono rappresentare infatti, nella prospettiva di Europa 2020, straordinarie leve di sviluppo per innovative pratiche per l’inclusione sociale di segmenti di popolazione più fragile e per la riqualificazione di aree disagiate, oltre che un incubatore per potenziamento di filiere produttive globali fondamentali per il rilancio e per lo sviluppo del nostro Paese.
Tutto ciò premesso, il dibattito su obiettivi e prospettive della nuova programmazione comunitaria può diventare un’utile occasione, in particolare per i decisori politici ai vari livelli ma non solo, per dare nuovo slancio al difficile e impervio percorso che dovrebbe, auspicabilmente, portare il nostro Paese ad avvicinarsi sempre più alle migliori esperienze che, a macchia di leopardo, si stanno realizzando in Europa. Anche in materia di istruzione, formazione e lavoro, infatti, a partire almeno dalla metà degli anni ‘90, le scelte più importanti e significative sono state prese quando i governi, di qualsiasi colore politico, hanno fatto proprie le indicazioni, spesso coraggiose e innovative, che l’Europa ci invitava a seguire.
Oggi, in particolare, la Strategia di Europa 2020 ci chiama a operare in una nuova prospettiva di crescita per il sistema-Paese che sappia essere, allo stesso tempo, intelligente, sostenibile e inclusiva. La speranza è che, in questo difficile frangente dal punto di vista economico, politico e sociale, l’Italia non perda l’ennesimo treno per il futuro. La sola risposta possibile alle sfide globali che ci lancia la più grande crisi dal secondo dopoguerra è, infatti, la scelta convinta di scommettere su “più Europa”.