Come si può uscire dalla crisi puntando sul Merito nelle imprese, nella P.A. e, più in generale, nella società? Cosa significa in concreto? Vorrei provare a condividere un breve ragionamento, che certamente non pretende di essere esaustivo da un punto di vista tecnico, dato che non sono un economista. Proverò a partire da una considerazione macroeconomica per poi scendere nel micro e nel contesto organizzativo, cercando di identificare la base più reale che inquadra il nostro Paese, perché tutti noi abbiamo il dovere di essere seri e onesti con le generazioni più giovani e di raccontare loro le cose come stanno. Per ripartire e tornare a guardare il futuro con realismo e coscienza.



L’Italia è caratterizzata da una tassazione decisamente elevata, da un grande debito pubblico e da servizi e imprese non sempre all’altezza del mercato globale. La cosa più grave è però che sembriamo non rendercene conto – o forse mettiamo semplicemente la testa sotto la sabbia – sperando nell’ennesimo salvataggio finanziario da parte dell’Europa, che rischia di “alleviare i nostri sintomi peggiorando ancora una volta la malattia”. Nell’immaginario collettivo la causa della recessione è il carico fiscale eccessivo. Certamente esso è un freno alla crescita, ma i fattori chiave per un vero rilancio sono innanzitutto di natura culturale e organizzativa.



La strada del taglio della spesa pubblica con tanto di abbattimento delle tasse purtroppo non è percorribile, perché non consente di abbattere il debito pubblico dello Stato italiano: l’eventuale crescita del Pil, generata dall’attività imprenditoriale, comporterebbe comunque meno gettito fiscale per ripagare il debito a causa dell’abbassarsi delle aliquote. Dobbiamo quindi rassegnarci a competere con mercati molto meno costosi, ma possiamo sperare di avere un contesto di servizi e di tutele più elevato. L’unica via percorribile è quella di rendere la nostra economia capace di perseguire un’organizzazione sociale con alta tassazione, che consenta di ripagare il debito, accanto ad un grande welfare di servizi a imprese e famiglie. Per percorrere questa strada è necessario però che lo Stato, le aziende private e quelle pubbliche diventino realmente efficienti, in modo che sappiano vincere la competizione internazionale e risolvere i problemi del cittadino, anziché creargliene di nuovi.



Purtroppo questo principio, in linea teorica piuttosto semplice, è decisamente complesso da applicare. Negli ultimi anni abbiamo vissuto in un contesto economico deformato, in cui il mercato, il debito e la spesa sono cresciuti senza che il Paese migliorasse nei “fondamentali economici“ legati al lavoro né da un punto di vista etico, come si vorrebbe in un contesto democratico e moderno. In sostanza, famiglie, cittadini, piccole imprese, aziende e Istituzioni pubbliche sono cresciuti non perché hanno progredito, si sono resi utili e sono migliorati, ma perché il mercato, la politica e la finanza lo consentivano, alimentando una spirale di privilegi e di diritti insostenibili e dannosi. Questo è successo in un contesto di totale inefficienza e demeritocrazia.

Scarsa attenzione alla selezione, scarsa capacità di premiare il Merito, cultura della furbizia e del compromesso, scarsa legalità e rispetto della concorrenza – e altro ancora – hanno fatto marcire dalla base la struttura economica e amministrativa del Paese. Abbiamo avuto scuole ed università che hanno tenuto “parcheggiati” inutilmente molti giovani, lavori inutili, posti pubblici e promozioni regalate per motivi clientelari e sociali. Serve quindi un vero e proprio ribaltamento del Paese, a partire dai fondamentali di chi fa cosa e di come lo fa. E’ necessario mettere le persone giuste al posto giusto, valorizzando le specializzazioni, le competenze, i percorsi di studio e di approfondimento, l’esperienza sul campo. Come è possibile che ragazzi che parlano cinque lingue non trovino lavoro? Come si può pensare che mettere sullo stesso piano chi lavora bene e chi invece è un parassita possa condurre ad una società sana? Come si possono tollerare una disoccupazione giovanile elevatissima e una così forte gerontocrazia? Come si possono continuare a tagliare gli investimenti in ricerca e in istruzione? Come si possono continuare a difendere la burocrazia e un sistema giudiziario che diventa peggio del male che intende curare? Come si può avere la classe politica più costosa e numerosa del pianeta e allo stesso tempo i manager e i professionisti meno retribuiti?

La risposta è che tutto questo è successo perché ci siamo divertiti come se fossimo in un grande gioco da tavolo, in cui non abbiamo mai fatto i conti davvero, come se i soldi fossero quelli di un immenso monopoli. Ora che siamo arrivati alla fine del gioco però, ora che la realtà ci ha fattoaprire gli occhi, dobbiamo ripartire da zero. Dobbiamo essere concreti e lungimiranti. Quasi nulla di quanto è stato fatto ultimamente ha più un senso, quasi tutto va rivisto. Il senso della realtà deve prevalere: per questo premiare il Merito diventerà l’unico argomento,l’elemento più forte in questa delicatissima campagna elettorale.