Ci sarebbero 2mila esuberi a Pomigliano. Ci sarebbero, perché, a sostenerlo – anzi, a dedurlo – è Maurizio Landini, Segretario generale della Fiom. Dopo che il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso presentato dalla federazione dei metalmeccanici della Cgil contro 19 procedure di mobilità annunciate dall’azienda, Landini si è convinto che la colpa sia di tutti gli altri sindacati. «Il fatto che il Tribunale abbia rigettato il nostro ricorso per dichiarare illegittima la procedura di mobilità – ha spiegato – è dovuto al fatto che due giorni prima gli altri sindacati, Fim, Uilm, Fismic e Ugl, hanno firmato un verbale che riconosce che a Pomigliano ci sono più di duemila esuberi». Abbiamo chiesto a Ferdinando Uliano, Segretario nazionale della Fim-Cisl come stanno le cose.



Landini vi addebita delle colpe mica da ridere.

Landini fa finta di non sapere che attraverso quel verbale, in cui non abbiamo condiviso la richiesta di mobilità avanzata da Fiat, invitando l’azienda a non agire unilateralmente, né a procedere con licenziamenti, abbiamo creato le condivisioni per salvare tutti i lavoratori di Pomigliano. Non solo quei 19 che stanno a cuore alla Fiom, e che sono tra i suoi iscritti.



Ci spieghi meglio.

Avevamo stipulato con Fiat un accordo che la impegnava a ricollocare tutti i lavoratori entro il luglio del 2013. A oggi, a Pomigliano, lavorano circa 3140 lavoratori di cui  2150 nella newco Fabbrica Italia Pomigliano e circa 990 in  FGA; 1400, invece, sono cassa integrazione. L’intesa che abbiamo siglato e il recente verbale di non accordo sulla mobilitazione consentono non solo a quei 3140 lavoratori di continuare a svolgere le proprie attività, ma anche di far sì che si determinino le condizioni perché anche gli altri 1400 possano tornare al lavoro. Landini, dal canto suo, ha semplicemente messo in campo delle azioni legali per anticipare l’ingresso di alcuni iscritti dellla Fiom. Noi, a differenza sua, abbiamo creato i presupposti perché si possa andare oltre luglio 2013.



Perché oltre?

Perché sappiamo benissimo che l’andamento del mercato difficilmente consentirà il riassorbimento di quei 1400. Abbiamo chiesto, quindi, a Fiat di costruire una risposta che superi, anche giuridicamente, il dualismo di Pomigliano. Ove esistono due società, in virtù della creazione della newco determinata da una scelta adottata dalla Fiom.

Perché imputa alla Fiom la nascita della newco?

Quando la maggioranza dei lavoratori sottoscrisse l’accordo che consentì a Fiat di rilanciare lo stabilimento, la Fiom diede vita a delle azioni legali per impedirne l’applicazione. La Fiat, a quel punto, per mettere in sicurezza l’accordo, dovette costituire la nuova società.

Questo che effetti ha prodotto sulle tutele per i lavoratori?

Sulla carta, si procedette a una chiusura aziendale. L’accordo successivo di cassa integrazione, quindi, ha dovuto sottostare ai limiti imposti dalla legge. Non più di due anni quindi. Se, invece, si fosse proceduto con ristrutturazioni e riorganizzazioni, si sarebbe potuto ipotizzare anche 3 o 4 anni di cassa integrazione. In certe aziende, si arriva anche a sei.

Nessun esubero, quindi?

No, lo ribadisco: in quel verbale ci siamo limitati a riconoscere che Fiat, considerando la situazione del mercato e la difficilissima congiuntura economica, non sarà in grado di ricollocare i restanti 1400 entro i termini previsti. Affermare che non ci siano le condizioni per dare lavoro a tutti significa semplicemente rendersi conto di come stanno le cose. Noi non abbiamo mai parlato di esuberi, ma, al contrario, abbiamo cercato di dare lavoro anche a quei 1400. Quella di Landini è una semplice operazione mediatica e propagandista.

Come state cercando di ovviare alla situazione?

Stiamo chiedendo a Fiat di ideare una soluzione che consenta di individuare un’ulteriore periodo di cassa integrazione ed evitare i licenziamenti, in modo da potter cogliere le opportunità che si determineranno sul mercato in futuro.  

 

(Paolo Nessi)

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