Finalmente anche Susanna Camusso ha la sua Agenda. Tra pochi giorni, il segretario generale della Cgil presenterà a Roma il suo “Piano del Lavoro”, un pacchetto di misure da proporre al prossimo presidente del Consiglio (ma in particolare a Bersani) con cui dare, in teoria, una soluzione ai maggiori nodi ancora da sciogliere di questa campagna elettorale. In una recente intervista rilasciata a Il Foglio, la Camusso snocciola a grandi linee i contenuti della propria Agenda, a cominciare da “un piano da circa 50 miliardi di euro all’anno” con cui “far crescere il Pil del 3,1% nei prossimi tre anni e, sulla base delle proiezioni econometriche commissionate al Cer e considerando i parametri inseriti, la disoccupazione potrebbe tornare ai livelli pre-crisi entro il 2016, e quindi intorno al 9%”. 40 di questi 50 miliardi, spiega il numero uno della Cgil, “possono arrivare da una patrimoniale, ovvero da una tassazione progressiva sui patrimoni che partono da un milione di euro l’anno, e dal recupero dell’evasione fiscale”. Gli altri 10, invece, “si possono trovare attraverso un mix composto di tagli ai costi della politica, riordino della Pubblica amministrazione e un utilizzo più intelligente e lungimirante delle risorse previste dai fondi strutturali europei”. Questa cifra andrebbe però sommata ai 45 miliardi di manovra che il nostro Paese sarà costretto ad affrontare dal 2014 per rispettare i vincoli del Fiscal compact, per un totale di quasi 100 miliardi di euro l’anno. Ma, ovviamente, la Cgil ha già pronto un asso nella manica: “Credo che sia arrivato il momento che il nostro Paese, insieme agli altri che fanno parte dell’Unione europea, formalizzi alla Bce una richiesta di mutualizzazione del 20% dei debiti pubblici europei”. In parole povere, la Banca centrale europea dovrebbe farsi carico di quella quota di debito per ogni Paese membro. Una richiesta assurda? Secondo Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, contattato da IlSussidiario.net, assolutamente sì. «La Camusso vuole chiedere un’assurda deroga al patto di stabilità per il pareggio del bilancio, e questo è profondamente errato».



Come mai?

Perché la regola del pareggio del bilancio conviene, a noi e a tutti i lavoratori, perché assicura una decrescita del debito pubblico ed evita la futura introduzione di nuovi tributi una volta raggiunto l’equilibrio. Il pareggio del bilancio ci rende inoltre autonomi dai rischi di essere sottomessi al Fondo monetario internazionale in caso di necessità di interventi, oltre ad aprirci le porte del meccanismo europeo di stabilizzazione e dei mercati finanziari.



Cosa cambierebbe quindi di questa proposta?

Ciò che si deve derogare, più del pareggio del bilancio, è la regola della riduzione del debito del 5% all’anno, che Tremonti aveva ottenuto di addolcire per l’Italia con un parametro riguardante la patrimonializzazione della nostra economia. In sostanza si tratta, anche in regime del pareggio del bilancio, di una regola keynesiana rovesciata perché il bilancio non dovrebbe essere possibilmente deflazionista, ma inflazionista. Poi, quanto all’idea della Camusso di sviluppare la crescita mediante una tassazione patrimoniale, utile a finanziare gli investimenti, ci troviamo di fronte a un’altra proposta che non ha alcun senso.



Come mai?

Secondo la Camusso, dovremmo tassare i patrimoni che partono da un milione di euro, ma è una cifra che di fatto raggiunge chiunque possieda un alloggio nel centro di una città, una seconda casa, una bottega o una piccola impresa. Inoltre, anche volendo immaginare un’ipotesi del genere, il gettito non sarebbe mai alto come il segretario Cgil ha previsto. In tutti i casi, quindi, anche se l’introito fosse minore, danneggerebbe inevitabilmente la crescita e creerebbe importanti fughe di capitali.

Cosa intende dire?

Non dimentichiamo che i patrimoni non sono costituiti solo da immobili, ma anche dal debito pubblico che si possiede, dai titoli bancari e così via, quindi assisteremmo a una fuga dalla Borsa, dal debito pubblico, dal mercato obbligazionario e altro ancora. Mi sembra quindi un’ipotesi che non produrrebbe crescita, ma esattamente il contrario. Inoltre, la politica della crescita indicata dalla Camusso riguarda infrastrutture che in larga parte si finanziano sul mercato, per cui è indubbiamente necessario far ripartire le infrastrutture, ma facendo largamente appello all’iniziativa privata. E qui troviamo l’altra stranezza della proposta Cgil.

 

Quale?

 

Invece che sostenere le privatizzazioni, la Camusso parla di fatto di “irizzazioni”, come se la classe lavoratrice avesse mai guadagnato qualcosa da questi interventi che, alla fine, si sono risolti solamente con una serie interminabile di chiusure d’imprese e di crisi aziendali. Se quindi vogliamo rilanciare gli investimenti, non avendo molti mezzi nel settore pubblico, anche a prescindere da un’ideologia pro-mercato, è necessario comunque fare appello alle risorse che si hanno a disposizione, quindi nazionali e internazionali di mercato. In conclusione, quello della Camusso è un programma totalmente irreale: in questo modo il Pd, coinvolgendo al suo interno questa componente, difficilmente potrà rappresentare un partito di Governo.

 

(Claudio Perlini)

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