A un mese esatto dal voto, la battaglia elettorale tra Mario Monti e Pier Luigi Bersani torna ancora una volta a coinvolgere il mondo sindacale. Un sindacato, più che altro: quello guidato da Susanna Camusso. E se il Professore non cita esplicitamente la Cgil nel proprio discorso al World Economic Forum di Davos, non ci vuole molto a capire a chi si riferisca quando afferma che la riforma del lavoro “non è andata avanti abbastanza per colpa di un sindacato che ha resistito decisamente al cambiamento e non ha firmato un accordo che gli altri avevano firmato”. Era stato invece il segretario del Pd, ospite ad Agorà, ad accusare il Premier uscente per i continui attacchi al sindacato: “Mi stupisco che Monti cada in luoghi comuni insufflati dalla destra, mentre quando governi sono tutti figli tuoi. Un’organizzazione come la Cgil con oltre 4 milioni di iscritti non puoi in premessa metterla fuori, dirti contro: è un sindacato non un partito”. E chissà cosa accadrà quando il leader democratico parteciperà alla tanto attesa presentazione della cosiddetta Agenda Camusso, quel “Piano del Lavoro” per “Creare lavoro per dare futuro e sviluppo al Paese”. Ne abbiamo parlato con Giuliano Cazzola, attualmente candidato al Senato in Emilia Romagna per Scelta civica con Monti.



Come giudica le recenti parole del presidente del Consiglio?

Le sue dichiarazioni non mi hanno stupito e non sono affatto una novità. Monti ha già diverse volte individuato nella Cgil e in alcuni esponenti del Partito democratico un impedimento sulla via della riforma. Parole inoltre giustificate anche dal “Piano del lavoro” che la Camusso ha intenzione di presentare nei prossimi giorni.



Cosa pensa di questa “Agenda”?

Come ha detto anche Francesco Forte proprio su queste pagine, sono idee da mettersi le mani nei capelli. Una proposta astratta, debole, che non convince affatto.

Lei è quindi d’accordo con Monti quando accusa la Cgil di essersi messa di traverso alla riforma Fornero?

In realtà, in quanto detto da Monti c’è qualche imprecisione. L’accordo, infatti, non venne sottoscritto neanche dalle altre organizzazioni sindacali e in realtà il governo scelse di tenere un profilo “collaborativo” senza voler ulteriormente inasprire i toni.

Crede che Monti, parlando del ruolo tenuto da questo sindacato, si riferisse unicamente alla disciplina del licenziamento?



Credo proprio di sì, soprattutto perché è proprio su questo tema che non si trovò l’accordo. A seguito del passaggio parlamentare venne stabilito di sottoporre al giudice anche i casi di licenziamenti economici, quando in realtà all’inizio sembrava non dovesse essere così. Questo però venne deciso più che altro per andare incontro alla Cgil che, senza aver mai approvato apertamente la riforma, assunse da quel momento in poi un atteggiamento meno conflittuale.

Adesso come sta continuando il dibattito su questi temi all’interno della lista Scelta civica con Monti?

Il dibattito ovviamente continua e, pur non abiurando le riforme del governo, in particolare quelle del ministro Fornero, stiamo pensando di introdurre qualche modifica all’impianto della riforma del mercato del lavoro, anche per quanto riguarda i licenziamenti. Bisogna quindi andare avanti e mettere in piedi in questa legislatura tutte le cose che non è stato possibile fare durante quella precedente, senza però pensare di stravolgere quanto di buono è stato fatto finora.

 

A quali modifiche si sta pensando in particolare?

 

In qualche modo assumeremo nel programma quanto proposto di recente da Pietro Ichino: quindi immaginiamo la sperimentazione di una riformulazione del contratto a tempo indeterminato con delle tutele  economiche più “leggere”, risarcitorie fino a un certo numero di anni, per poi valutare eventuali tutele più “pesanti” in caso di discriminazione o di licenziamento disciplinare.

 

Come mai avanzate una proposta di questo tipo?

 

Avanziamo tale proposta perché crediamo che sia il modo migliore per rendere più flessibile e gestibile il contratto a tempo indeterminato, senza contare che in questo modo sarà possibile andare incontro alle esigenze delle imprese e far fare un notevole salto di qualità a quei lavoratori, in particolare donne e giovani, che oggi devono ancora affrontare le difficoltà del mercato sommerso o precario.

 

(Claudio Perlini)