Con la prossima legislatura, fin da subito, la vicenda degli esodati dovrebbe concludersi. Per ora, il governo, sotto la sistematica insistenza del Parlamento, ne ha salvaguardati circa 140mila attraverso tre provvedimenti. Si dà il caso che finora, tuttavia, siano stati proprio il governo e, in particolare, alcuni organi burocratici quali la Ragioneria generale dello Stato a frapporsi  alla soluzione definitiva. Con le nuove elezioni, si auspica il ripristino del primato della politica sulla tecnica. A queste condizioni, il Pdl, il Pd e la Lista Monti dovrebbero mantenere il proprio impegno a salvaguardare anche tutti gli altri. Nel frattempo, i sindacati vigileranno. Abbiamo parlato  di tutto ciò con Maurizio Petriccioli, segretario confederale della Cisl con delega alla Democrazia Economica, Economia Sociale, Fisco, Previdenza e Formazione Sindacale.



Siete soddisfatti di quello che, finora, è riuscita a fare la politica?

Riconosciamo che, anche se lentamente, e in maniera condizionata dall’erronea convinzione del ministro Fornero, i 140mila salvaguardati rappresentano un importante risultato; determinato, prevalentemente, da quelle battaglie sindacali che hanno trovato sponda nel Parlamento e, in particolare, nella commissione Lavoro della Camera. Tuttavia, il problema è ancora aperto. Siamo convinti che il nostro impegno debba continuare affinché sia riconosciuta l’ingiustizia determinata dalla riforma. Occorrerà perseverare finché non ci sarà più nemmeno un solo esodato. E finché non sarà posto rimedio anche a tutte quelle categorie di cui ancora non conosciamo l’entità esatta, quali i contributori volontari o gli esodi individuali.



Secondo lei, come si potranno salvaguardare?

La riforma delle pensioni non ha previsto – come normalmente è sempre avvenuto in Italia – quella gradualità necessaria per tutelare quanti si sarebbero trovati  a ridosso dei nuovi termini necessari per l’accesso al regime previdenziale. Ci batteremo perché il prossimo governo inserisca quelle forme di flessibilità che consentano di andare in pensione prima o dopo una certa età minima, a fronte di disincentivi o incentivi.

Con che risorse?

La nuova disciplina produce 140 miliardi di risparmi. E’ lì che vanno individuate le risorse per scrivere questa nuova flessibilità. 



Si tratta di risparmi già iscritti a bilancio che ci farebbero sforare dagli obiettivi di rientro dal deficit strutturale.

Chiariamo una cosa: nelle richieste di cambiamento avanzate dall’Europa al governo italiano rispetto al nostro sistema previdenziale, non c’era un solo riferimento ai requisiti contributivi. Era stato chiesto, semplicemente, di modificare i requisiti di vecchiaia. La Fornero è andata ben oltre. Quindi, non è pensabile che le risorse per gli esodati non si possano trovare in quei risparmi. Detto questo, è ovvio che, in aggiunta, possano essere individuate altre modalità per recuperare risorse.

Quali?

Va tagliata la spesa improduttiva (e non quella che garantisce i diritti sociali): occorre ridurre, cioè, i livelli di governo, accorpare le municipalizzate e intervenire in quei 64 miliardi di euro che, secondo la Corte dei Conti, rappresentano l’entità della corruzione e dell’illegalità all’interno degli apparati della Pubblica amministrazione.

Non crede che in molti potrebbero essere tutelati potenziando gli strumenti volti a favorire il reinserimento nel mondo del lavoro, quali le agenzie di lavoro interinale?

Non so se potenziando questi strumenti saremo in grado di ridare lavoro a quelle persone che necessitano di tutele nell’immediato. Sta di fatto che in Italia i servizi volti a far incontrare la domanda con l’offerta sono pressoché assenti. Sarà necessario implementarli quanto prima. Specialmente, per ridurre la disoccupazione giovanile. E iniziando a ragionare sul fatto che una tale impresa non si può delegare allo Stato. Il quale non è in grado di farvi fronte. Del resto, in tutto mondo civilizzato, è consuetudine che pratiche di questo genere vengano espletate grazie ad una stretta collaborazione tra imprese e sindacati, ai quali sono stati conferiti gli strumenti normativi per poter agire in maniera efficiente.   

Lei crede che il Parlamento riuscirà ad agire senza le imposizioni delle varie burocrazie ministeriali?

Il problema consiste in quell’assenza di autorevolezza del Parlamento e dei suoi rappresentanti che ha creato un vuoto colmato non solo dalla Ragioneria dello Stato ma anche da altri organi quali, più in generale, la magistratura. C’è da sperare, quindi, che il voto popolare sarà alto e che il prossimo governo sappia ricucire la forte spaccatura che si è creata con il Paese. 

 

(Paolo Nessi)