Un milione e mezzo di giovani sotto i trent’anni senza “competenze adeguate” per muoversi nel mondo del lavoro. Più di un milione, tra i 16 e i 24 anni, non ha un titolo di studio sufficiente. Meno di un italiano su due (44%) ha un diploma di scuola superiore, contro l’87% della Germania. Numeri impressionanti, appena pubblicati dal rapporto Ocse sulle competenze, che ci condannano all’ultimo posto dell’educazione per quanto riguarda lettura e scrittura e penultimi nella matematica. Una débàcle clamorosa. Evidenza di un sistema scolastico (statalista) inadeguato, decisamente da ripensare. Che unito all’allungamento della vita lavorativa delle persone occupate, all’alto costo del lavoro e a un sistema economico stagnante (anch’esso con troppa ingerenza dello Stato) genera la bomba sociale dell’alto tasso di disoccupazione giovanile (40%, quasi doppio rispetto alla media Ue del 24%).



Di fronte a questi dati drammatici, la Commissione europea ha deciso di lanciare il programma “Garanzia Giovani”, che dovrà diventare operativo dal 1° gennaio 2014. Per l’Italia significa poter destinare su questo capitolo di spesa 1,5 miliardi di euro nel biennio 2014/2015, sommando risorse comunitarie, nazionali e regionali. Per fare cosa? Il Ministro Giovannini, incontrando recentemente le associazioni datoriali, è stato molto chiaro: i soldi dovranno remunerare reali servizi al lavoro, non affitti di uffici, loro arredi o pc, né essere destinati a pagare stipendi di dipendenti pubblici. Servizi al lavoro che dovranno produrre risultati concreti: offrire ai giovani (che per l’Ue sono coloro al di sotto dei 25 anni…probabilmente l’Italia otterrà l’estensione fino ai 29 anni), entro 4 mesi dall’iscrizione nelle liste di disoccupazione o dal termine di un ciclo formale di studio, il rientro in un percorso formativo oppure una esperienza lavorativa (stage, contratto di lavoro subordinato, autoimprenditorialità).



Ci preme allora chiarire un punto importante, che non ci pare ancora ben compreso: i servizi al lavoro di cui c’è bisogno, e che occorre assolutamente implementare quanto prima in Italia partendo da questa occasione della garanzia giovani per poi estenderli a tutti coloro che cercano attivamente un lavoro, sono i servizi di ri-collocazione. Che sono una cosa ben diversa dal fare matching tra domanda e offerta di lavoro, come comunemente si pensa! Il matching infatti è un servizio ben diffuso in Italia, praticato da oltre 2.500 tra operatori pubblici e privati autorizzati dal ministero del Lavoro (Centri per l’impiego, Agenzie di somministrazione, di intermediazione, di ricerca e selezione, siti internet specializzati nella pubblicazione di offerte di lavoro), e che intercetta non più del 20% delle opportunità di lavoro esistenti. Esso è basato su un preciso metodo di lavoro, che parte dall’esigenza lavorativa dell’azienda che deve assumere e che, attraverso un processo di selezione a imbuto, va a identificare il candidato/a con le competenze professionali e la personalità più idonee a ricoprirla. È dunque un metodo di lavoro imperniato sulla esigenza dell’azienda che assume!



Il servizio di ri-collocazione di cui stiamo parlando applica invece un metodo di lavoro inverso, che potremmo definire a “imbuto rovesciato”: parte infatti dalla presa in carico della persona da parte di un tutor esperto. Il quale, dopo aver fatto il bilancio delle competenze accumulate (formali, non formali e informali) e avendo una conoscenza approfondita delle esigenze del mercato del lavoro territoriale, valuta se la persona è già compatibile con l’inserimento lavorativo o se necessita di un percorso di riqualificazione professionale. Quindi la affianca e attraverso attività specifiche quali il counseling, il coaching, il networking, lo scouting e l’attività di promozione diretta alle imprese target (tutti questi inglesismi ci fanno capire che stiamo parlando di una metodologia consolidata da anni nel mondo anglosassone) la guida fino all’inserimento lavorativo, andando a cercare le opportunità di lavoro in linea con le competenze e la personalità del candidato in questione, valorizzando in tal modo non solo il 20% di opportunità lavorative visibili, ma anche quell’80% non visibili, che girano solo per passaparola o che sono ancora in incubazione dentro la mente dell’imprenditore.

Servizi al lavoro di ri-collocazione e orientamento al risultato (placement lavorativo o ripresa di un percorso di istruzione/formazione formale) devono dunque diventare le stelle polari da cui farci guidare. Solo così l’implementazione della Garanzia Giovani sarà in grado di produrre un reale valore aggiunto nel sistema Paese!

Leggi anche

Agenzia Nazionale per l'Occupazione: per scegliere il capo, il Ministro Poletti segua l'esempio dell'Università di Trento!Il sistema deve reggersi senza intervento pubblicoDobbiamo aiutare i giovani a riscoprire il lavoro manuale