La leadership è una risorsa strategica per il futuro delle organizzazioni, ma per esercitare con efficacia questo ruolo è indispensabile seguire un adeguato approccio. Una leadership efficace, infatti, gestisce comportamenti, non persone; adotta un approccio verso di essi coerente con la visione dell’impresa e non è auto-centrata, ovvero non usa se stessa come metro di misura e giudizio degli altri. Se l’immateriale genera valore e conferisce significato ai contenuti tangibili, l’abito, ossia il modello organizzativo prevalente, non è neutrale sull’efficacia della leadership.
Nelle organizzazioni più innovative e avanzate prevale, in genere, un modello di gestione del capitale umano connotato in modo tale da responsabilizzare i propri collaboratori, così che loro stessi intervengano per migliorare i processi (nei limiti delle loro competenze), premiando la loro iniziativa. Il modello, infatti, mette in primo piano le persone come “capitale” dell’organizzazione e il gruppo come opportunità di crescita. Per questo, perciò, nelle organizzazioni che adottano questo modello si dà maggiore importanza alla diagnosi, piuttosto che alla decisione; al processo per arrivare a una soluzione, che non alla soluzione in se stessa; allo standard di successo medio ripetibile, piuttosto che al picco di successo irripetibile; all’analisi dell’errore; al valorizzare le differenze, piuttosto che alla colpevolizzazione sull’errore; al valorizzare le differenze, piuttosto che eliminarle.
Dare importanza a un ambiente organizzativo favorevole alla leadership, in effetti, significa adottare, per i collaboratori, i principi della responsabilità. Responsabilizzare le persone significa lasciar loro la discrezionalità coerente con la responsabilità istituzionale; le deleghe e gli incarichi contingenti, anche se il capo continua a rispondere dei risultati; dare enfasi prima ai risultati di squadra, poi a quelli individuali; controllare innanzitutto i risultati conseguiti, verificando le azioni e i comportamenti solo in caso di insuccesso, difficoltà o problemi; riconoscere e lasciare i meriti ai collaboratori.
Il processo di sviluppo della leadership è composto, in buona parte, di aspetti taciti, qualitativi e discrezionali. Infatti, la maggior parte degli aspetti connessi alla realizzazione dei passi, che consentono di realizzare una visione e gestire situazioni di leadership, sfugge alla nostra consapevolezza conscia e si presenta sotto forma di “ispirazione”.
A riguardo, quindi, può essere molto importante disporre di strumenti e strategie per incoraggiare e dirigere, o utilizzare realmente gli stessi stati d’animo, imparando a gestire i nostri atteggiamenti mentali. In questo senso, una performance efficace di leadership è simile ad altri tipi di performance come potrebbe esserlo quello di una competizione sportiva. Ogni aspirante leader, quindi, deve considerare anche quegli aspetti puramente fisiologici che possono aiutare ad accedere ai processi inconsci a integrarli.
Talvolta, il ricorso ad attività fisiche è un modo per mantenere uno stato d’animo interiore equilibrato e trovare la situazione mentale più adatta a risolvere un problema. Uno strumento fondamentale di leadership di cui disponiamo è rappresentato dal nostro corpo e dalla sua organizzazione fisiologica. Infatti, qualunque abilità di leadership si esprime attraverso le parole, il tono di voce, le espressioni del viso, la postura del corpo, il movimento delle mani. Uno degli aspetti essenziali della leadership è pertanto rappresentato non solo dalla capacità di gestire i propri atteggiamenti mentali, ma anche dalla congruenza fra il messaggio e chi lo emette.
Il leader responsabile è una persona che agisce con autenticità, in modo coerente alla proprie capacità, alle proprie credenze, ai propri valori, al proprio senso di identità e alla propria missione. Tutto ciò influisce su un fattore strategico, atto a gestire il cambiamento, come la comunicazione. Per il management tradizionale, ottenere che le persone operino e si muovano nella stessa direzione, è un problema puramente organizzativo; basta fissare dei ruoli e comunicarli, stabilire le aree di responsabilità e di competenza, trasmettere i piani e, quindi, controllare gli eventuali scostamenti e, se necessario, applicare i correttivi. Un buon sistema premiante può corroborare il tutto. Questo può, o potrebbe, funzionare se ci trovassimo di fronte a una gestione per il mantenimento e non per lo sviluppo.
Quando invece, si deve fronteggiare la sfida di un vero e profondo cambiamento, tutto questo non basta; occorre ottenere un impegno totale di ogni collaboratore e non per un semplice e marginale coinvolgimento. La comunicazione diventa il principale strumento per gestire il cambiamento. Quando si comunica una visione, lo si deve fare in modo chiaro e con elevata frequenza, perché il flusso informativo deve toccare tutti i livelli e quindi, tutti i dipendenti della società. Una comunicazione efficace e potente si avvale dell’uso di metafore e immagini. Alle parole devono seguire azioni coerenti: non dimentichiamoci che i capi vengono giudicati più per quello che fanno che per quello che dicono. Il padroneggiare la comunicazione è inseparabile da un’efficace leadership, in quanto attraverso una comunicazione ricca di significato, si infonde fiducia ed entusiasmo generando un impegno elevato.
In un processo comunicativo ricco di significati si portano le persone a conoscere, non solo, come fare le cose, ma, soprattutto, perché farle. A riguardo è illuminante l’aneddoto su Aristotele e gli scalpellini. Si narra che un giorno Aristotele si trovò a passare per una strada di Atene. Notando un operaio, ricurvo su una pietra cui assestava stancamente colpi di scalpello, curioso gli chiese: “Scusi ma lei cosa sta facendo?”. L’operaio rispose: “Non vede? Sto squadrando una pietra maledettamente dura!”. “E domani?”, chiese nuovamente il filosofo. “Domani probabilmente continuerò a squadrare questa pietra maledetta e poi altre ancora”, rispose l’operaio. Aristotele lasciò, quindi, questo operaio, stanco e depresso, e proseguì il suo cammino nella cava. Più in là notò un altro operaio che, con grande zelo e dotato di una strana carica energetica, stava completando di squadrare anch’egli una grande pietra. Anche a lui chiese: “Scusi cosa sta facendo?”. L’operaio, sorridendo, rispose: “Sto costruendo la città!”.
La trasmissione di una visione e una giusta comunicazione offrono uno scopo, un significato, un perché e creano l’allineamento. Per far condividere una visione, il leader deve parlare lo stesso linguaggio dei propri collaboratori e capire i loro bisogni e le loro aspettative. Solo così può trasmettere, poi, la passione e l’entusiasmo, altri due aspetti psicologici che sono alla base del successo.