Caro direttore,
“Riprendere il cammino”. Il titolo che abbiamo scelto per il 12° seminario nazionale del circolo culturale Ettore Calvi può far pensare a una domanda sottintesa: “Come?”. La sorpresa dei due giorni di incontri e confronti che abbiamo svolto a Milano, nella sede della Cisl Lombardia, è che in realtà il titolo ha un tono puramente affermativo, esortativo o, se vogliamo, imperativo. Non si tratta più infatti di “parlare della crisi” o discutere sulle soluzioni politiche/economiche che permetterebbero di avere una ripresa. Non abbiamo bisogno di dibattiti in cui argomentare analisi più o meno accurate o di snocciolare ricette, consigli, accuse e denunce a chi ha o dovrebbe avere il compito di risolvere la crisi. Non è più il tempo. O quantomeno, a chi si confronta quotidianamente con i tanti bisogni e le difficoltà in cui si trovano molti nostri concittadini (ad esempio, nelle associazioni e nelle strutture sindacali) non può bastare.
Preparando il seminario ci siamo detti che il futuro del nostro Paese dipende in misura preponderante dalla nostra capacità di scegliere, di intraprendere, di lavorare, oltre che da vincoli e opportunità di ordine sovranazionale. Come nel dopoguerra (ha ricordato bene il prof. Sapelli nell’introduzione), la ripresa può venire da chi ha il coraggio di agire nella realtà, di incidere nell’ambiente in cui opera, per creare anche piccoli spazi di benessere per le persone che abitano (o abiteranno) il nostro Paese.
Per questo abbiamo posto al centro dei lavori seminariali un tema spesso invocato nei dibattiti, ma sempre e solo nell’ottica del “benaltrismo”, raramente affrontato in prima persona se non per giustificarsi: quello della “responsabilità personale e collettiva”, del ruolo cioè che ognuno è chiamato a svolgere in questo momento storico e del compito che compete alle Parti sociali, imprese e associazioni, prima ancora che alla politica.
La sorpresa del seminario – e in particolare il fatto che non si è trattato in un dibattito sterile sulle buone intenzioni, ma è stata un’occasione per ciascuno di rimettersi in moto – è dipesa da due elementi. Anzitutto le persone intervenute, pur avendo ruoli di primordine nelle realtà in cui operano, non si sono tirate indietro e hanno raccolto questa sfida raccontando la loro esperienza diretta di quello che stanno vedendo accadere quando scommettono sulla responsabilità e sulla partecipazione.
Gigi Petteni (segretario generale Cisl Lombardia), Alberto Busnelli (responsabile del personale di Basf Europa), Giuseppe de Lucia Lumeno (segretario generale Associazione Banche Popolari) hanno infatti affrontato con rara schiettezza la domanda: qual è il nostro compito nella crisi? Cosa vuol dire fare il sindacato, fare banca e gestire il personale di una multinazionale, nell’ottica del bene comune?
Con queste premesse anche il confronto conclusivo tra Giorgio Vittadini e Raffaele Bonanni non è stato un dibattito tra due pensatori, ma un dialogo su quello che già si sta facendo (non “che altri dovrebbero fare”), e su come queste esperienze in atto debbano e possono tornare ad avere un ruolo cardine nel futuro del Paese. Incontri così, tra persone che si mettono in gioco con la passione di chi ha a cuore la realtà e non posizioni ideologiche o precostituite da difendere, lasciano il segno. Quando avvengono fanno vibrare le corde più sensibili in chi assiste e ascolta e creano immediatamente uno slancio propositivo, un desiderio di emulazione, un dinamismo naturale a ributtarsi nella realtà con fiducia e rinnovato entusiasmo. Ma questa mossa alla lunga può cadere, sopraffatta dall’impossibilità di risolvere tutte le problematiche delle persone che assistiamo, dall’incidenza dei fattori esterni, da una cultura intrisa di un pessimismo ormai diffuso a tutti i livelli (“tanto non cambierà niente”)
Qui si fa largo il secondo elemento che ha contraddistinto questi due giorni e riguarda la natura del nostro circolo: affinché lo slancio che emerge in un incontro sia una reale possibilità, occorre che sia alimentato, che si mantenga vivo, che non sia una parentesi. La responsabilità individuale ha bisogno di un luogo in cui essere sostenuta, educata, corretta e alimentata, così che possa tenere anche quando le circostanze si fanno stringenti.
L’esperienza che stiamo facendo nel Circolo Ettore Calvi è questa: il tentativo di vivere un’amicizia stabile che sia richiamo e sprone all’esercizio di responsabilità personale cui ognuno di noi è chiamato negli ambiti in cui opera, in particolare (per noi) in quello sindacale. Per questo non ci siamo domandati “come riprendere il cammino?”, ma piuttosto ci siamo testimoniati un cammino che è ripreso e riparte ogni giorno, nel lavoro quotidiano di relazione e di supporto ai bisogni di chi incontriamo. Con tutti i nostri limiti, le nostre difficoltà e le diverse responsabilità a cui siamo chiamati, ma con la rinnovata consapevolezza che questa è la strada per portare il nostro piccolo o grande contributo al bene comune.