Per due giorni Luca Zingaretti si è spogliato dei panni del Commissario Montalbano e, in una sorta di viaggio spazio-temporale, ha abbandonato la “sua” Sicilia per ritrovarsi a Ivrea, nel profondo Nord, a raccontarci la vicenda umana, economica, ideale, spirituale e industriale di Adriano Olivetti. La Rai, che talvolta si ricorda di essere servizio pubblico, proponendo una fiction in due puntate sulla storia di Olivetti stimola una riflessione sull’attualità del pensiero e delle opere di un grande italiano, uno di quelli che ha contribuito, da protagonista, alla realizzazione di quel tante volte citato “miracolo italiano” che è stato il nostro secondo dopoguerra.



È bene ricordare, tuttavia, che Adriano Olivetti, ahimè troppo presto scomparso nel 1960, non era solo un imprenditore ma anche, se non soprattutto, un politico e un pensatore economico-sociale. Colpisce, ad esempio, leggendo i suoi scritti una visione dell’impresa che non deve creare solamente valore da distribuire agli azionisti, ma li deve reinvestire nell’autofinanziamento dell’attività stessa, a partire da stipendi e salari migliori, che incentivino l’impegno lavorativo, proseguendo con servizi sociali e assistenziali per i dipendenti, per arrivare alla formazione continua e addirittura a riduzioni di orario di lavoro a parità di stipendio.



Si pensi, inoltre, all’enfasi e all’importanza riconosciuta all’innovazione tecnologica; nel corso degli anni, ad esempio, i vecchi collaboratori del padre si dovettero mettere in disparte e far posto a tanti centodieci e lode nella meccanica, nell’elettromeccanica e nell’elettronica. L’Olivetti, negli anni in cui fu guidata dall’Ing. Adriano, stabilì, quindi, un forte legame tra la “fabbrica” e il territorio in cui era insediata, creando una serie di servizi accessibili a tutta la popolazione, non solo ai dipendenti e alle loro famiglie, con l’ambizioso obiettivo di migliorare le condizioni sociali ed economiche della regione, lo standard di vita e il livello culturale della popolazione, e dare così un contributo tangibile al pieno impiego della mano d’opera anche attraverso la promozione, la creazione e la gestione di concrete attività artigiane, industriali e agricole.



In conclusione si deve evidenziare come emerga, dalla rilettura della vita e delle opere di Olivetti, la necessità e la volontà di fare di più per diffondere nel nostro Paese una forte cultura d’impresa necessaria per dare maggiore consapevolezza delle finalità del lavoro che si svolge. Queste, si chiede l’ingegnere, si trovano solo nei profitti che l’impresa realizza? O non vi è, forse, al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una trama ideale, una destinazione, una vocazione anche in una fabbrica?

Domanda ancora estremamente attuale, sebbene il mondo sia profondamente cambiato. Provare, infatti, a rispondere a questo interrogativo può essere un punto di partenza importante per cominciare a ripensare e ricostruire, ancora una volta, il nostro Paese tuttora duramente colpito dagli effetti di una drammatica crisi economica e sociale.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com