“Sulla vicenda esodati la situazione è sfuggita di mano, sia nei numeri che nelle coperture”. Lo ha affermato Giuseppe Farina, segretario generale della Fim-Cisl che ieri, nel corso della trasmissione Tg2 Insieme in onda su Rai2, ha aggiunto: “Il settore dei metalmeccanici è stato quello più colpito da questo pasticcio, una riforma nel suo complesso poco proficua ed equa, figlia di un atteggiamento presuntuoso del precedente Governo, che non ha voluto dialogare e ascoltare le parti sociali, un pasticcio che deve essere assolutamente sanato. C’è l’impegno politico, ma ora, va data copertura economica già dalla legge di stabilità”. Abbiamo quindi contattato Farina che nell’intervista che seuge spiega che il governo Letta dovrà affrontare anche un altro problema aperto dalla riforma Fornero: “L’errore più grave a mio parere è aver previsto uguali trattamenti per lavoratori che operano in condizioni profondamente diverse. Non è giusto che chi lavora in cantiere debba andare in pensione alle stesse condizioni di chi svolge un’attività meno usurante. Chi lavora alla catena di montaggio e fa i turni per decine di anni credo abbia diritto a un’accelerazione rispetto agli altri”. Il governo dovrà pertanto intervenire per “rendere più flessibile il sistema, adattandolo meglio alle concrete condizioni dei lavoratori”.
Ci sono novità sugli esodati?
No, non ci sono novità. Però nei numeri del ministro del Lavoro c’è un’evidente sottovalutazione del problema. Oggi le cifre sono esplose a livelli che al ministero probabilmente neanche immaginavano. È la conferma che non basta essere professori esperti di previdenza per evitare disastri. Bisogna innanzitutto conoscerlo il lavoro. È chiaro che essendo stato sottovalutato nei numeri, il tema delle pensioni presenta oggi seri problemi di copertura.
Ma non era stata trovata la copertura?
Per una parte sì. Fino ai 130mila che sono quelli finora autorizzati. Per costoro la copertura non dovrebbe essere un problema. Però c’è da rifinanziare il 2014, 2015 e 2016 che sono gli anni in cui molti lavoratori si troveranno a uscire dalla mobilità e andranno in pensione. A quel punto i soldi ci dovranno essere.
Ha detto che i più colpiti sono i metalmeccanici. Si fa fatica a immaginare che un sindacato così forte come quello della vostra categoria non fosse al tavolo delle trattative quando furono presentate quelle cifre…
Al tavolo non c’era probabilmente nessuno. Non c’erano i metalmeccanici, non c’erano Cgil, Cisl e Uil.
Come mai?
Perché il precedente governo ha pensato bene di utilizzare il tema delle pensioni per rispondere all’emergenza economica. Quindi non si è preoccupato troppo di guardare bene cosa c’era dentro la riforma e cosa poteva capitare. Per il governo Monti era solamente un’operazione che da qui al 2021 avrebbe fatto risparmiare 80 miliardi allo Stato. Penso che al posto di 80 se ne potevano risparmiare 40 di miliardi, e con una patrimoniale si sarebbe ottenuto lo stesso risultato ma in maniera più equa, ridistribuendo maggiormente il carico. Che invece è precipitato tutto sulle spalle del lavoro dipendente e della gente che si è trovata senza mobilità e senza pensione. La riforma delle pensioni è figlia di una storia sbagliata.
In che senso?
Per alcuni versi poteva essere considerato normale un adeguamento dell’età lavorativa. Così invece, per come si è deciso di agire, si è fatta una riforma troppo rigida, con in più questo pasticcio degli esodati. Ma soprattutto è stato fatto un errore che a mio parere è il più grave.
Quale?
La riforma ha previsto uguali trattamenti per lavoratori che operano in condizioni profondamente diverse. Questo mi sembra un problema aperto che deve essere ancora risolto. Non è giusto che chi lavora in cantiere debba andare in pensione alle stesse condizioni di chi svolge un’attività meno usurante. Chi lavora alla catena di montaggio e fa i turni per decine di anni credo abbia diritto a un’accelerazione rispetto agli altri.
Nel caso dei metalmeccanici e di altre categorie che svolgono lavori usuranti bisogna prevedere forme di flessibilità in uscita?
È quello che avremmo chiesto se ci fosse stato modo di discutere quando fu fatta la riforma delle pensioni. Non è giusto che una persona debba lavorare fino a 67 anni sulle impalcature di un cantiere. È una condizione di lavoro molto esposta, molto logorante dal punto di vista fisico. In più c’è anche un problema di sicurezza, non solo di incolumità della persona anziana ma anche degli ambienti di lavoro. Sono due i temi che il governo dovrà presto affrontare.
Il primo?
Come dicevo all’inizio, il governo dovrà innanzitutto trovare la copertura per gli esodati
Il secondo?
Dovrà rendere più flessibile il sistema, adattandolo meglio alle concrete condizioni dei lavoratori.