La disoccupazione giovanile non è mai stata così alta dal lontano 1977: riguarda, secondo i dati dell’Istat diffusi ieri, il 40,4% dei ragazzi italiani tra i 15 e i 24 anni, mentre il tasso di disoccupazione generale segna un nuovo record salendo al 12,5%. Lo sappiamo, quello dell’occupazione è il problema principale che sta affrontando tutto il mondo occidentale, in modo drammatico dall’inizio della crisi economico-finanziaria. Ma cosa non sta funzionando, in particolare, nel mercato del lavoro italiano? Per capirlo più a fondo ci viene in aiuto il secondo Rapporto sul mercato del lavoro della Fondazione Obiettivo Lavoro su cui si è discusso ieri a Roma in un convegno alla presenza del ministro Giovannini. La ricerca analizza, innanzitutto, i principali fattori di occupabilità, rilevando che oltre al titolo di studio (quello universitario garantisce migliori possibilità occupazionali), conoscenze e competenze, hanno un ruolo decisivo tutte quelle caratteristiche personali come la disponibilità ad assumersi responsabilità, “componenti culturali che la società può favorire o sfavorire”, come ha affermato il ministro che ha quindi sottolineato il ruolo decisivo del sistema di formazione e istruzione nell’orientare verso l’occupabilità. Il ministro ha poi aggiunto che “sul tema della formazione dobbiamo superare degli stereotipi, come quello che riguarda il rapporto pubblico-privato e mettere a tema, ad esempio, come stanno facendo in Gran Bretagna, la formazione delle persone in cassa integrazione”. A questo scopo, anche le opportunità di apprendimento e di sviluppo sul posto di lavoro sono decisivi, secondo il Rapporto di FOL, insieme a tutto il sistema dei servizi e alle Agenzie per il lavoro, se superano il semplice ruolo di intermediazione e offrono attività mirate, in particolare per i segmenti più deboli della forza lavoro (stranieri, persone con livello di istruzione medio-bassi, e profili poco qualificati). Il secondo aspetto che la ricerca ha messo sotto la lente d’ingrandimento riguarda le politiche regionali sul lavoro, che spaziano dagli incentivi all’assunzione agli interventi di sostegno all’imprenditorialità, dagli interventi formativi alla c.d. borsa lavoro, dai tirocini ai sistemi “dotali”, fino ad arrivare ai “patti di ricambio generazionale”.



Come ha sottolineato Mario Mezzanzanica, docente dell’Università di Milano-Bicocca e curatore della ricerca, “l’eterogeneità delle misure rilevate testimonia una certa vitalità nell’individuazione delle soluzioni al problema occupazionale e conferma il carattere estremamente sperimentale delle politiche del lavoro”. Altro aspetto messo in luce riguarda l’identikit dei lavoratori italiani in base a: tipologia di contratti, durata o saturazione del tempo lavorativo, numero di contratti ed impegno temporale (fulltime o partime). Dai dati emerge una generale tendenza al cambiamento del percorso lavorativo, con una progressiva riduzione di lavoratori standard (tempo indeterminato e full-time), che sono passati dal 55% al 49% tra il 2008 e il 2012, e il relativo aumento dei lavoratori atipici. Le situazioni più problematiche riguardano le donne, gli atipici con saturazione alta del tempo di lavoro e più di 2 contratti, la maggior parte dei quali ha meno di trent’anni. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà che ha collaborato alla ricerca, sintetizza la situazione mettendo in luce l’esistenza di due mercati del lavoro: uno dinamico, fatto di persone che cercano un percorso professionale, più che un posto fisso, e usano la flessibilità per migliorare; l’altro composto da profili che parlano di precariato, difficoltà a inserirsi nel mercato del lavoro o che ne sono precocemente espulsi. L’ultimo aspetto analizzato dalla ricerca riguarda la domanda di lavoro delle aziende fatta sul web: essa è distribuita prevalentemente al Nord e si rivolge per il 54% a persone con laurea, per il 46% a quelle con diploma, mentre è irrilevante per chi ha frequentato solo la scuola dell’obbligo. Tra le posizioni più richieste ci sono tecnici del Marketing, del Controllo di qualità e Amministrativi. In sintesi, il web aiuta il dialogo tra domanda e offerta di lavoro, ma ciò che manca, come ha tenuto a precisare il ministro Giovannini, è “un portale federato che metta in rete tutti i portali locali o settoriali, che sarebbe un grande punto di forza, come lo è ad esempio nel mercato tedesco”. L’indicazione forte che emerge dal Rapporto FOL riguarda la grande eterogeneità del mercato del lavoro che dice con chiarezza quanto sia ormai fuorviante pensare a interventi legislativi univoci per affrontare la grave crisi occupazionale. E strumenti, come questo, per conoscere a fondo la realtà del lavoro non mancano.

Leggi anche

CONSIGLI NON RICHIESTI/ Le tipologie di feedback utili (e inutili) nel lavoroSUD & GIOVANI/ Il cambio di "prospettiva" che può aiutare la crescita del Mezzogiorno