In Italia il sistema di welfare ormai da diversi anni si trova soggetto a due grosse pressioni. Da un lato, i vincoli di bilancio imposti dalla difficile congiuntura economica impediscono incrementi della spesa pubblica che, anzi, spesso determinano l’indebolimento dei servizi destinati ai cittadini. Dall’altro lato, la continua trasformazione dei bisogni sociali, dettata da ragioni riconducibili alla crisi, ma anche da problematiche strutturali proprie del nostro Stato sociale, richiede risposte sempre più complesse e diversificate che gli attori pubblici faticano a garantire.
In questa situazione di grave difficoltà, si assiste con sempre maggior frequenza allo sviluppo di esperienze di “secondo welfare”: mix di protezione e investimenti sociali a finanziamento non pubblico forniti da attori economici e sociali che vanno progressivamente affiancandosi ai servizi di “primo welfare” garantiti dallo Stato. Oggi sono infatti sempre più numerose le imprese, le fondazioni, le assicurazioni, le componenti sindacali e le organizzazioni del terzo settore che, con modalità adeguate ai contesti in cui si trovano a operare, integrano, in perfetta sintonia con il principio di sussidiarietà, i servizi che gli attori pubblici non sono più grado di garantire.
Per approfondire le esperienze e le dinamiche riconducibili al secondo welfare nel settembre 2011 è nato il laboratorio “Percorsi di secondo welfare”, progetto del Centro Einaudi di Torino che grazie al sostegno di importanti partner istituzionali svolge attività di ricerca in tale ambito. Percorsi di secondo welfare da oltre due anni mappa, analizza e prova a valutare le molteplici e variegate iniziative di welfare non pubblico presenti nel Paese, evidenziando come nonostante la crisi o, forse, proprio grazie a essa, la società italiana stia innovando, sperimentando e provando a costruire modelli inediti per rispondere a rischi e bisogni di carattere sociale. Il 28 novembre prossimo a Milano, nel “Primo Rapporto sul secondo welfare in Italia”, il laboratorio presenterà i risultati delle ricerche svolte fino a oggi.
Nella prima parte del documento sono caratterizzati i principali protagonisti del secondo welfare operanti nel nostro Paese, ponendo particolare attenzione alle iniziative a carattere sociale sviluppate dalle aziende, dal settore delle assicurazioni, dalle fondazioni di origine bancaria, dalle fondazioni di comunità e dagli enti locali. Nella seconda parte sono invece affrontate le dinamiche evolutive in corso in alcuni ambiti ritenuti particolarmente significativi come l’housing sociale, i servizi per l’infanzia e la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
All’interno del rapporto sono quindi presentati tanti esempi concreti di governance, organizzazione e sviluppo di strumenti innovativi che hanno coinvolto attori diversi, messisi insieme per rispondere più coerentemente ai bisogni emergenti a causa della crisi. Si descrive, ad esempio, come alcuni istituti bancari abbiano avviato promettenti iniziative di finanza sociale dedicata al Terzo settore, o come le Fondazioni di origine bancaria stiano realizzando numerose “azioni dimostrative” autonome per rispondere ai bisogni in modo innovativo, promuovendo modelli inediti di partnership fra attori pubblici e privati, istituzionali e non profit, locali e nazionali. O ancora come le aziende, specialmente quelle di grandi dimensioni, siano sempre più impegnate nella realizzazione di servizi di welfare da dedicare ai propri dipendenti, oppure come il settore assicurativo si stia impegnando per offrire prodotti adeguati alle nuove richieste di protezione avanzate dagli italiani.
Nel Rapporto è sottolineata anche l’intraprendenza di molti enti locali e alcune Regioni che, a fronte dei vincoli di bilancio imposti da Roma, hanno avviato percorsi virtuosi di riduzione degli sprechi, incremento dell’efficienza, sviluppo di nuove partnership con privati e Terzo settore per rispondere efficacemente alle necessità vecchie e nuove dei propri cittadini.
In quest’ottica, il Primo rapporto sul secondo welfare offre una preziosa base di partenza per avviare una riflessione strategica sulla trasformazione del modello sociale italiano, mettendo tuttavia in luce l’esigenza di ricerche più approfondite e sistematiche che possano orientare più efficacemente tale riflessione.