Dopo il governo delle “larghe intese” nate dall’impossibilità del centrosinistra di Bersani di ottenere una maggioranza numerica e politica a entrambe le Camere, nasce oggi un esecutivo con consensi, forse meno ampi, ma con una piattaforma, almeno sulla carta, più chiara e condivisa. Si deve sottolineare, infatti, come l’esecutivo sia chiamato a rilanciare la propria azione in un contesto politico profondamente mutato che ha visto, nelle ultime settimane, la fondazione di un movimento per la costruzione di un nuovo centrodestra, guidato dal vice-premier Angelino Alfano, e, dall’altro lato dello schieramento parlamentare, l’arrivo alla guida del Partito democratico di Matteo Renzi che, a sua volta, si propone di rappresentare un nuovo modo di essere di sinistra nel nostro Paese.
Al primo posto del nuovo programma di governo vi dovrà essere, inevitabilmente, il lavoro e una strategia che scommetta sulla crescita economica del Paese. Le vie per uscire dalla crisi e l’emergenza occupazionale sono, infatti, al centro delle proposte politiche programmatiche delle due principali forze che compongono l’esecutivo e su tale terreno verranno giudicate dagli elettori già a partire dalle prossime elezioni europee di primavera.
Il sindaco di Firenze ha proposto nel documento per le elezioni primarie un profondo cambiamento di rotta verso questa tema rompendo vecchi schemi e il tradizionale collateralismo della sinistra politica con l’ala più conservatrice della Cgil. Bisogna ad esempio, secondo il “rottamatore”, ripensare complessivamente il sistema della formazione professionale e dei Centri per l’impiego. Il nuovo leader del principale partito della sinistra si è accorto infatti, solo adesso, che queste strutture, a differenza di quanto accade nei paesi più sviluppati dell’Europa, non riescono a far incontrare i bisogni delle imprese e dei lavoratori e che la formazione è troppo spesso pensata più per i portafogli dei formatori che nell’interesse dei cittadini che cercano di inserirsi/reinserirsi nel difficile mercato del lavoro dei giorni nostri.
Emerge, quindi, nella piattaforma di Renzi una volontà di semplificare le regole del mercato del lavoro che, quasi all’improvviso, sono diventate troppe e poco chiare. Il nuovo segretario del Pd attacca duramente anche i sindacati. Pur riconoscendone la loro funzione insostituibile, l’inquilino, per ora, di Palazzo Vecchio sprona le organizzazioni sindacali, ma anche quelle datoriali, a una maggiore trasparenza dei propri bilanci e auspica, addirittura, l’approvazione di una legge sulla rappresentanza.
Su queste basi, e se dalle parole si passerà presto ai fatti, non sarà difficile per Enrico Letta trovare la “quadra” tra queste istanze della “nuova” sinistra italiana e un centrodestra in profonda trasformazione che, orgogliosamente, trova la sua ispirazione politica nell’idea, sempre molto attuale, di un’economia sociale di mercato che chiede, a partire dallo spinoso tema del lavoro, meno Stato e più società, più efficienza pubblica e meno tasse, meno diritto pubblico e più diritto privato, meno leggi e più contratti, meno controlli preventivi e più verifiche successive, meno giustizia pubblica e più soluzioni stragiudiziali, meno formalismo e più responsabilità.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com