Caro direttore,

In questa settimana il mondo sindacale è stato sollecitato da più parti. I due segretari eletti, Matteo Renzi e Matteo Salvini, nel loro discorso di insediamento hanno invitato il sindacato a intraprendere una strada di cambiamento. Sicuramente una riflessione sul tema del rinnovamento anche il sindacato deve farla, ma non perché lo indica la politica (si potrebbe scrivere un libro dei cambiamenti sempre annunciati ma mai realizzati dai partiti), bensì perché è la realtà che lo impone. Se poi anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, interviene dicendo che occorre ripensare lo strumento dello sciopero generale, allora forse può essere il momento giusto per il sindacato.



Quando il segretario della Cgil dice che lo sciopero non coinvolge più il popolo di un tempo, è perché sempre più disoccupati si aggregano, mentre i lavoratori con contratti a termine difficilmente aderiscono alla mobilitazione, per non parlare delle partite Iva e dei parasubordinati. Inoltre, in un momento di crisi dura e persistente, perdere la giornata o la mezza giornata di lavoro diventa economicamente drammatico. Infine, soprattutto per la natura politica dello sciopero generale, non si colpisce direttamente il sistema politico (al fine di modificare determinate scelte), ma a subirne gli effetti sono soprattutto le imprese, che in questo momento soffrono quanto gli operai.



Non possiamo però confrontare questa riflessione con quello che nelle piazze sta accadendo con il movimento dei forconi: soggetti che non rappresentano nessuno, senza una proposta reale ma con il solo intento di fare protesta in modo sterile. Qui è in gioco il sistema della rappresentanza, perché è necessaria una rappresentanza chiara ed evidente, che non scivoli via o si dissolva in pochi giorni. Occorre denunciare un’appartenenza, perché senza appartenenza e senza compagnia reale, intelligente e critica non potrà mai esserci un cambiamento.

Per questo il sindacato con forme e strumenti nuovi deve tornare a essere un soggetto della rappresentanza, anche delle nuove tipologie di lavoro e di povertà, affinché possa giocare il suo ruolo di responsabilità, proposta e anche protesta. È ora che il sindacato riaffermi la sua natura in una realtà differente rispetto a quarant’anni fa. Lo deve fare, non solo perché sarebbe l’unica sopravvivenza per il sindacato, ma perché la società tutta ha un estremo bisogno di un sindacato libero e responsabile.



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