Sta andando forse meglio del previsto? Il governo ha recepito il malessere provocato dalla mancata introduzione di un ulteriore provvedimento di salvaguardia degli esodati. Gli interventi in materia previdenziale, quindi, non si limiteranno allo sblocco dell’indicizzazione all’inflazione per gli assegni fino a sei volte il minimo: altre 17mila persone che rischiavano di restare senza reddito da lavoro o da pensione per gli effetti della riforma Fornero (che ha imposto un immediato innalzamento dei requisiti anagrafici) potranno godere delle vecchie regole. Complessivamente, sono stati stanziati 950 milioni di euro. 203 milioni di euro per il 2014, 250 per il 2015, 197 per il 2016, 110 per il 2017, 83 per il 2018, 81 per il 2019, e 26 per il 2020. Contestualmente, con un meccanismo tecnico-contabile, il buco dell’Inps da 9 miliardi di euro è stato azzerato. Ma, in realtà, come aveva spiegato il presidente dell’Istituto, Antonio Mastrapasqua, parlare di “buco” è un errore. «Per lo Stato, pagare stipendi o pensioni è solo una partita di giro. Proprio per questo motivo, in passato lo Stato non aveva fatto accantonamenti previdenziali». Infine, il ministero del Welfare, come ha fatto sapere il ministro Giovannini, si accinge a dar vita – finalmente – alla “busta arancione”, già in vigore in molti Paesi europei. Si tratta di un sistema informatico che consente, immettendo i propri dati contributivi, di sapere a quanto ammonterebbe, allo stato attuale, l’importo del proprio assegno pensionistico. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro presso l’Università Bocconi.
Gli esodati possono ritenersi soddisfatti?
Se il governo ha voluto dare un segnale, lasciando intendere che si è impegnato a risolvere la questione, si tratta indubbiamente di un provvedimento positivo. Resta il fatto che, a oggi, ancora non disponiamo di una previsione certa e accurata su come e quando il problema sarà estirpato definitivamente. Ovviamente, è un bene che altre 17mila persone siano state salvaguardate. Ma, così facendo, si continua a procedere a tentoni, navigando a vista. Intanto, dal 31 dicembre 2011 sono passati due anni e in molti, prima di godere delle salvaguardie, hanno vissuto lunghi periodi di incertezza, mentre molti altri, non ancora tutelati, non sanno cosa ne sarà del loro futuro.
Si è a lungo parlato di un meccanismo di flessibilità che consentisse di accedere alla pensione entro un range compreso tra i 62 e i 70 anni. L’ipotesi è stata accantonata perché ritenuta troppo onerosa. Introdurre di volta in volta nuove deroghe non rischia di essere altrettanto costoso?
Vede, il problema consiste proprio nel fatto che, in merito, non esistono calcoli definitivi. Quel che è certo è che il meccanismo della flessibilità, per quanto oneroso, avrebbe introdotto un sistema attraverso cui dar risposta immediata, una volta per tutte, garantendo a ciascuno di andare in pensione a seconda della sua propensione a rimanere o meno sul lavoro e del suo grado di prossimità alla maturazione dei requisiti.
Come valuta, invece, il provvedimento che ha sanato i conti dell’Inps?
È molto difficile poter dire, adesso, in che condizioni versino effettivamente le casse dell’Inps. Il loro stato di salute, infatti, dipende dal livello di occupazione e dai contributi versati anno per anno. Le proiezioni sono state fatte sul lungo periodo, assumendo che nei prossimi anni ci sia la crescita. Questa, tuttavia, potrebbe non esserci. Il meccanismo che contempla la raccolta contributiva e il versamento della prestazione potrebbe saltare. Senza crescita, quindi, i conti di oggi potrebbero rivelarsi sbagliati, mentre il buco potrebbe rapidamente ricrearsi.
Il governo ha promesso che darà vita alla busta arancione. Crede che sia la volta buona?
Francamente, non mi pare così complicata da mettere a punto. C’è da sperare, quindi, che agli annunci corrispondano misure concrete. Si tratta, infatti, di una misura fondamentale, dal momento che la continuità contributiva dei lavoratori italiani, specie di quelli più giovani, è fortemente a rischio.
Cosa intende dire?
Il mercato del lavoro è ormai fisiologicamente spezzettato. Ciò significa che, nell’arco di una vita lavorativa, possono esserci dei buchi, momenti di disoccupazione, fasi in cui si guadagna di più o di meno, o in cui non sono percepiti i contributi. Il rischio, è di arrivare all’età pensionabile con un assegno esiguo, o addirittura senza essere riusciti a raggiungere i requisiti contributivi. La busta arancione, quantomeno, consentirebbe di monitorare costantemente la propria situazione e, eventualmente, di capire in che maniera intervenire.
(Paolo Nessi)