Le proposte di Renzi per modificare il mercato del lavoro, tanto sbandierate quanto evanescenti finché è durata la campagna per le primarie, stanno prendendo forma. La sua segreteria ha ipotizzato, entro un mese, la stesura del “job act”. Tra le principali misure ipotizzate, c’è la rimozione dell’articolo 18 per i nuovi contratti a tempo indeterminato. I renziani, in particolare, stanno studiando un sistema che consenta di eliminare definitivamente la possibilità di reintegra per i licenziamenti illegittimi, lasciando esclusivamente quella d’indennizzo. Davide Faraone, responsabile welfare della segreteria, ha fatto sapere che il modello a cui si ispireranno sarà quello scandinavo: «la flexicurity, che avevamo già lanciato 4 anni fa alla Leopolda. Bisogna riformare drasticamente, agendo su due binari paralleli: il lavoro e lo Stato sociale». A dire il vero, a tutto ciò, ci aveva già pensato il senatore Pietro Ichino. Gli abbiamo chiesto se proposte del genere possano essere considerate ancora valide.



I renziani parlano di flexicurity e abolizione dell’articolo 18 per i nuovi contratti a tempo indeterminato. Non sarebbe opportuno, prima, estendere le tutele (ammortizzatori sociali, politiche attive del lavoro) a tutti i lavoratori e, solo in seguito, parlare di flessibilità?

Cinque persone su sei che vengono assunte in Italia si vedono offrire un contratto a termine: non accedono alla protezione dell’articolo 18. Se vogliamo offrire loro un livello maggiore di stabilità occorre studiare una forma di protezione diversa. D’altra parte, la riforma degli ammortizzatori sociali è stata fatta.



A che cosa si riferisce?

Un anno e mezzo fa la legge Fornero ha esteso a tutti i lavoratori dipendenti un’assicurazione contro la disoccupazione di livello europeo, l’Aspi. Ora la legge di stabilità dà il via alla sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione, che costituisce una misura di politica attiva del lavoro moderna, ispirata alle migliori esperienze nord-europee.

La proposta dei renziani sembra del tutto analoga alla sua. È così?

La proposta del Pd di Renzi la conosceremo nei prossimi giorni. Se prevedrà la sperimentazione di un contratto di lavoro a protezione crescente con l’anzianità di servizio, quindi molto fluido nel primo periodo di svolgimento, poi con aumento graduale del costo di separazione, la saluteremo come una svolta molto  positiva.



L’articolo 18 è già stato sensibilmente cambiato. Ha senso ipotizzare ulteriori modifiche prima ancora di conoscere nel dettaglio gli effetti delle precedenti?

La mia proposta non tocca la disciplina dei rapporti di lavoro stabili già costituiti, ma soltanto quelli futuri, per i quali la protezione disposta dall’articolo 18 è comunque una prospettiva molto improbabile.

 

I contratti possono essere modificati in modo da favorire effettivamente l’assunzione dei giovani?

Una modifica utile per rimuovere un disincentivo all’assunzione è quella di cui abbiamo appena parlato. Poi, occorre una riduzione drastica del cuneo fiscale e contributivo. Il progetto presentato dai senatori di Scelta Civica, che reca la mia prima firma, mostra come si può coprire questa rilevante riduzione di gettito.

 

Più in generale, senza crescita, ha senso parlare di ulteriori modifiche alla disciplina che regola il mercato del lavoro?

Le imprese italiane oggi operano in una condizione di incertezza gravissima circa il futuro anche a breve termine: la più grave dell’ultimo secolo. Se vogliamo che esse possano attivare il maggior numero possibile di rapporti di lavoro, in modo da aumentare il più possibile gli effetti della incipiente ripresa economica, dobbiamo offrire loro, in via sperimentale per un paio d’anni, la possibilità di utilizzare un contratto di lavoro a tempo indeterminato regolare più snello e flessibile e meno costoso.

 

Secondo lei, come si svilupperanno i rapporti tra la Cgil e il Pd di Renzi?

Se il neo-segretario del Pd mantiene il proprio impegno, sarà un rapporto di rispetto reciproco, ma anche di indipendenza reciproca. Il che potrà anche portare a divergenze e critiche reciproche. In altre parole, verrà tagliato il cordone ombelicale che fin qui è rimasto operante tra la Cgil e il Pd. Magari anche a vantaggio di rapporti un po’ più cordiali con Cisl e Uil; ma anche qui con la necessaria distinzione di ruoli e di criteri fondamentali di decisione. Se invece Renzi non riuscirà a mantenere il proprio impegno, il Pd avrà perso una grande occasione per diventare davvero un partito democratico moderno.

 

(Paolo Nessi)