Il diritto del lavoro italiano è notoriamente un ferrovecchio da rottamare, decisamente inadatto a regolare i rapporti di lavoro dell’ottava (fino a quando?) economia mondiale nell’era della globalizzazione dei mercati e della rivoluzione tecnologica. Ben lo sanno gli investitori stranieri, che, anche per questo motivo (oltre al peso della burocrazia, alla lunghezza della giustizia, al costo dell’energia e al ladrocinio fiscale perpetrato dallo Stato ai danni di imprese e cittadini) stanno ben alla larga dal nostro Paese. Ben venga dunque l’iniziativa di Ichino e Tiraboschi di dar vita a un gruppo di lavoro che si occupi di fare delle proposte di semplificazione normativa del nostro (pletorico) diritto del lavoro. Ce n’è davvero bisogno!



Trovo positivo che questa proposta origini non dalla politica e che abbia l’intento di coinvolgere la business community (uomini e donne di azienda, operatori del mercato del lavoro, consulenti e legali del lavoro) con l’intento dunque di raccogliere le istanze vere del mondo del lavoro e offrirle poi alla politica per l’implementazione normativa. Questa proposta virtuosa mette però in evidente risalto la clamorosa latitanza di chi in questi anni avrebbe dovuto interpretare queste istanze di modernizzazione e tentare di dare risposte: le Parti sociali.



Che invece in questi anni si sono prevalentemente dedicate a fare politica, con una vera e propria regressione del loro ruolo. Anziché interpreti e attuatori delle norme, così come richiesto loro dalle riforme succedutesi in tema di lavoro (Treu, Biagi, Fornero, art. 8 decreto 138/2011), si sono invece concentrate sulla politicizzazione dell’azione sindacale, dando vita a un nuovo centralismo, anziché agire per il decentramento e la vicinanza ai territori. Confindustria e Cgil soprattutto! I paladini della conservazione, corresponsabili del declino industriale italiano. Al punto che Fiat, per rimanere a produrre in Italia e poter sottoscrivere un innovativo contratto di lavoro, è dovuta uscire da Confindustria!



Ora, in attesa che il lavoro coordinato da Ichino e Tiraboschi arrivi a produrre una piattaforma condivisa e la politica sia capace di tradurla in pratica, le Parti sociali potrebbero battere un colpo e dare un segnale di vita, specialmente a livello territoriale! Ad esempio, pare che in Lombardia, e precisamente a Milano, da maggio a ottobre 2015 si svolga una esposizione di fama mondiale, l’Expo. Non è difficile prevedere che, progressivamente nei mesi a venire e in maniera apicale durante la manifestazione, vengano a prodursi consistenti occasioni di lavoro temporaneo. Sarebbe delittuoso non coglierle, soprattutto in questa contingenza storica.

Ora, è noto che nel nostro ordinamento giuslavoristico esiste un contratto perfetto per queste situazioni: la somministrazione di lavoro tramite agenzia, che però ha dei vincoli normativi al suo utilizzo, derogabili solo da accordi tra le Parti sociali. Perché allora non valorizzarla al massimo nel 2014 e nel 2015, rendendola acausale e senza limiti percentuali al suo ricorso? Confindustria Lombardia e la triplice regionale sono pronte a dare questo aiuto concreto alle imprese e ai lavoratori lombardi?

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