Telelavoro archiviato: dipendenti che lavoravano in uffici indipendenti, o addirittura da casa, invitati a rientrare nelle sedi dell’azienda, o in alternativa ad accomodarsi gentilmente all’uscita. Non succede in una piccola impresa manifatturiera del nord-est, e a decretarlo non è stato un imprenditore nostrano, un padre-padrone vecchia maniera: è Marissa Mayer, CEO di Yahoo!, arrivata al vertice dell’impresa della Silicon Valley al terzo mese di gravidanza – dopo una brillante carriera in Google -, che sembra ora smentire i cantori della leadership femminile.

La decisione di riportare i dipendenti tra le mura aziendali è stata giustificata dal direttore del personale con la necessità di favorire il lavoro di squadra attraverso la vicinanza fisica, sottolineando che “velocità e qualità del lavoro sono spesso sacrificate quando si opera da casa”. Esattamente il contrario non solo di quanto ci si aspetterebbe da un’impresa innovativa, nata ai tempi della New Economy e tra le più importanti realtà della tecnologia e della comunicazione mondiali; ma di quanto dimostrano dati ed esperienze ormai largamente diffusi, a partire dalle statistiche sulla produttività inversamente proporzionale alla presenza in ufficio.

“Ma la Mayer non è aggiornata su telelavoro misto e flessibilità a 360°?” si è domandata Anna Zavaritt, giornalista e blogger de Il Sole 24 Ore esperta di conciliazione: si tratta di temi sui quali tradizionalmente si assume che le donne, e le madri in particolare, siano più sensibili. Eppure, a quanto pare, il fatto di essere donne non basta, se – come sostiene Zavaritt – quando si raggiunge il vertice delle imprese i modelli di gestione, di organizzazione, di comportamento restano quelli consolidati, propri del management maschile – anzi, maschilista.

Un elemento di riflessione in più, per i sostenitori delle quote rosa: la semplice presenza di donne, ancor più se nei Cda invece che all’interno del management, non garantisce affatto in termini di impegno per la conciliazione, la flessibilità, il reale cambiamento organizzativo. La blogger Valentina Stella (www.bellezzarara.it) ricorda di aver espresso qualche perplessità, quando la scelta per il nuovo CEO cadde su Mayer: il fatto che fosse incinta poteva certamente rappresentare un buon segnale, ma in pari tempo significava che si trattava di una donna fino a quel momento senza figli, estranea alle problematiche delle madri lavoratrici e ai dilemmi della scelta tra famiglia e lavoro.

Tutt’altra storia rispetto a quella di Sheryl Sandberg, altra top manager dell’innovazione Usa (è la COO di Facebook) e ora autrice di un pamphlet per spronare le donne lavoratrici (“Fatevi avanti”): madre di due figli, ha dichiarato di uscire dall’ufficio alle 17.00 per dedicarsi a loro, senza perciò rinunciare alla carriera.

L’auspicio espresso da Valentina Stella era che Mayer, intenzionata a restare al lavoro fino all’ultimo momento utile e a ritornare in ufficio dopo il parto il prima possibile, fosse disponibile a rivedere la sua prospettiva alla luce dell’esperienza materna. Un auspicio che oggi appare vano non solo a chi sostiene che i figli, specialmente nell’età neonatale, abbiano diritto alle cure e alla dedizione della madre; ma anche a chi crede che la flessibilità dei tempi e dei luoghi sia la precondizione indispensabile per estendere l’onere e l’onore della cura familiare a entrambi i genitori.